Un nuovo documento, una perizia depositata in Tribunale dalla difesa di Antonio Giraudo, potrebbe azzerare le pretese di risarcimento danni di Giuseppe Gazzoni Frascara, ex proprietario del Bologna Football Club 1909, per le vicende di Calciopoli.
Da poco più di un anno e mezzo Gazzoni ha avviato due processi in sede civile contro la Juventus, contro il suo ex a.d. Giraudo e l’ex d.g. Luciano Moggi, contro la Fiorentina, i suoi proprietari Diego e Andrea Della Valle e l’amministratore Sandro Mencucci, e contro l’ex arbitro Massimo De Santis. Una causa è stata intentata da Gazzoni davanti al Tribunale di Roma per 34,6 milioni, l’altra alla Corte d’Appello di Napoli per 49 milioni con Victoria 2000 Srl, la società già titolare del 100% del Bologna.
Gazzoni sostiene di aver subito pesanti danni dalla retrocessione del Bologna in serie B, nel campionato 2004-2005, culminati nel fallimento della sua capogruppo Victoria 2000, l’anno successivo. A suo dire la retrocessione fu causata dalle manovre di Calciopoli per pilotare gli arbitri. Lo scandalo, scoppiato nella primavera 2006, portò alla retrocessione in serie B della Juventus.
La Juventus non ha accantonato somme in bilancio per i rischi legati a queste due cause, osservando _ si legge nell’ultima relazione semestrale del club presieduto da Andrea Agnelli _ che “allo stato le suddette parti attrici” _ cioè Gazzoni e Victoria 2000 _ “non hanno fornito argomenti né elementi di prova tali da giustificare la responsabilità di Juventus e le conseguenti richieste risarcitorie”. Gazzoni ha dichiarato di aver richiesto complessivamente danni per 113,6 milioni. A Napoli il giudice ha fissato l’udienza di precisazione delle conclusioni al 13 novembre 2018. Nel processo a Roma la prossima udienza è prevista per domani, 6 giugno, per la determinazione sulle istanze istruttorie. Ma la causa è ancora lontana dalla conclusione.
In vista dell’udienza del 6 giugno la difesa di Giraudo ha depositato in Tribunale una consulenza tecnica del commercialista torinese Massimo Ballario, al quale è stato chiesto di “analizzare, sotto il profilo documentale e contabile, alcune delle condotte tenute dalle società del Gruppo Gazzoni”. Nel documento _ che Poteri Deboli ha visionato _ Ballario spiega che la relazione “tratta principalmente delle tematiche relative ad alcune operazioni infragruppo che hanno caratterizzato la gestione delle società facenti capo a Gazzoni. Si tratta di una serie di cosmesi di bilancio che hanno nascosto la fallibilità tecnica delle singole società e soprattutto di quella sportiva, la quale _ osserva Ballario _ sembra essere a patrimonio netto negativo già ben prima della retrocessione in serie cadetta o comunque non in grado di raggiungere i requisiti finanziari previsti per potersi iscrivere al campionato di serie A“.
Le operazioni “sospette” sono avvenute a partire dal 2002. E nell’esercizio cominciato il 1o luglio 2004 _ dice Ballario _ il Bologna “non aveva i requisiti per iscriversi al campionato di serie A”. Sono eventi precedenti la retrocessione, che è avvenuta nel 2005, “in un momento nel quale Bologna Football Club risultava da almeno due esercizi tecnicamente fallita”. “Per tali ragioni non si può che concludere per l’assenza di correlazione diretta tra il fallimento della Nuova Victoria e le disavventure della società calcistica”, conclude il commercialista incaricato da Giraudo.
Questa è una consulenza tecnica di parte, alla quale Gazzoni potrà controbattere. Finora però, dai documenti processuali disponibili, non risulta che l’impenditore abbia risposto nel merito, come racconteremo.
La Victoria 2000, detta “nuova” Victoria, è la società risultante dalla fusione avvenuta il 28 giugno 2004 tra la “vecchia” Victoria e la sua controllante al 100%, Lorena Srl. Questa aveva come socio di maggioranza con il 70% la società anonima lussemburghese Fgf – Financière Gazzoni Frascara, facente capo a Gazzoni. Victoria all’epoca controllava quattro società: Bologna Fc Spa (Bfc), Bologna Fc Holding Spa (Bfch), la Cafi Spa con un’attività agricola e un progetto immobiliare, infine la Spectre Srl, che era una scatola vuota.
La consulenza di Ballario parte dall’analisi del bilancio del Bologna Fc al 30 giugno 2002, che “si caratterizza per due macro-elementi negativi”. Da un lato c’è un forte indebitamento rispetto alle dimensioni del club, pari a 34,54 milioni, dall’altro ci sono elevati costi della produzione, pari a 64,23 milioni. La gestione caratteristica presenta un risultato negativo per 30,63 milioni e la perdita netta di esercizio è di 20,53 milioni. Ballario osserva però che la perdita “sarebbe potuta essere almeno doppia”, perché il Bologna fece una cessione di licenza d’uso dei diritti televisivi a una nuova società di proprietà dello stesso azionista di controllo (Victoria 2000), la Bologna Fc Holding Spa (Bfch). Questa aveva “amministratori sostanzialmente sovrapponibili a quelli delle altre società del gruppo, tra i quali Gazzoni”.
La Bfch venne creata l’8 marzo 2002. Pochi giorni dopo, il 27 marzo, la società di calcio cedette la licenza d’uso dei diritti tv alla Bfch per cinque anni (a partire dal 1o luglio 2002), per 20 milioni. Dal fascicolo fallimentare _ precisa la relazione di Ballario _ risulta che, contestualmente, la neocostituita Bfch accese un contratto di finanziamento con Meliorbanca di 20 milioni, la stessa somma da versare al Bologna Fc. La società di calcio ha inserito i 20 milioni tra i proventi straordinari dell’esercizio chiuso al 30 giugno 2002, anche se l’operazione partiva solo dall’esercizio successivo ed era spalmata in cinque anni, “violando i principi di competenza economica e di prudenza, stabiliti dall’articolo 2423 del codice civile”, afferma Ballario.
In questo modo la società di calcio nel bilancio al 30 giugno 2002 _ fa notare Ballario _ ha esposto “una situazione non rispondente al vero” del risultato economico e del patrimonio netto. Senza questo provento straordinario il bilancio di Bfc “avrebbe dovuto evidenziare” una perdita d’esercizio pari a 40,53 milioni (anziché di 20,53 milioni) e il patrimonio netto sarebbe stato negativo per 21,17 milioni (anziché di -1,17 milioni). L’azionista sarebbe stato pertanto costretto a fare una ricapitalizzazione più consistente di quella che Gazzoni fece nesi mesi successivi.
Ballario osserva che al contrario la società acquirente, Bfch, ha cominciato a contabilizzare l’onere dell’acquisto solo dall’esercizio successivo, con un ammortamento legato alla durata del contratto di licenza, un quinto del totale, pari quindi a 4 milioni all’anno. Secondo Ballario anche il Bologna Fc avrebbe dovuto iscrivere in bilancio i proventi straordinari, in quanto ricavi pluriennali, per soli 4 milioni all’anno (e non 20 milioni tutti in una volta) e a partire dall’esercizio successivo. “Si è trattato evidentemente di dolosi artifici contrattuali e contabili”, afferma.
La scrittura privata fra Bfc e Bfch è stata firmata il 27 marzo 2002, a pochi giorni dalla presentazione della relazione trimestrale alla Covisoc, l’organo della Figc che dovrebbe vigilare sui conti della società di calcio. Ballario afferma che la scrittura privata ha “costituito esclusivamente il “veicolo” con il quale far pervenire a Bfc un’ingente somma, necessaria al fine del rispetto dei parametri imposti dalle norme federali, che qualora tale versamento non fosse stato eseguito avrebbe comportato l’esclusione di Bfc dal campionato professionistico“.
C’è una seconda operazione “sospetta”. La cessione è stata un’operazione con l’elastico. Solo 18 mesi dopo, il 30 dicembre 2003, la Bfc ha riacquistato la piena titolarità dei diritti ceduti “a dimostrazione del fatto che l’operazione in parola ha avuto natura fittizia e strumentale”. La società non era però in condizione di pagare la somma pattuita, pari a 16,8 milioni (14 milioni + Iva 2,8 milioni). E infatti la squadra di calcio non ha mai versato quella somma alla società “sorella”. Perché il giorno successivo, il 31 dicembre 2003, vi fu una terza operazione tra le due società, definita “anomala” da Ballario: la Bfc cedette alla Bfch, per 14 milioni, la proprietà dei propri marchi d’impresa limitatamente ad attività di carattere immobiliare, di costruzione, di comunicazione anche a fini pubblicitari, riguardanti il progetto immobiliare detto Mondobologna. Ancora una volta gli scambi infragruppo hanno generato, questa volta nel bilancio al 30 giugno 2004, una plusvalenza di 14 milioni. “Ma anche in questo caso vi sono fortissimi indici di falsità della posta”, dice il commercialista di Giraudo.
Ballario fa notare che nel patrimonio del Bologna non era presente un marchio con quel valore (le immobilizzazioni immateriali presentavano un valore di soli 24.694 euro), pertanto avanza il sospetto di una sopravvalutazione ai fini della cessione. Il risultato è che si crea una plusvalenza senza la quale il bilancio al 30 giugno 2004, che dichiarò un utile di 812.465 euro, si sarebbe invece chiuso con una perdita di 13,19 milioni. In sostanza Bfc ha “pagato” il riacquisto della licenza d’uso dei diritti tv cedendo un marchio che, sospetta Ballario, non valeva i 14 milioni pattuiti. Ballario sottolinea che “l’operazione di cessione (…) avviene nello stesso giorno di presentazione della relazione trimestrale da presentare all’organo di controllo federale Covisoc”. Secondo Ballario l’iscrizione di “un provento così considerevole” (14 milioni) ha influito in modo decisivo sull’utile di periodo fino al 31 marzo 2004 (pari a 4,82 milioni) e ha “contribuito positivamente” all’iscrizione del Bologna al campionato 2004-2005.
C’è dell’altro. La consulenza tecnica svolta nell’interesse di Giraudo fa notare che il 22 aprile 2002 la “vecchia” Victoria conferì in quota capitale nella Bfch il 90% della partecipazione nel Bologna Fc. Il valore fu individuato nella perizia del commercialista Matteo Tamburini (socio dello studio di Piero Gnudi), il quale stimò il valore del capitale di Bfc 45,36 milioni. Secondo Ballario questa perizia “non pare essere stata redatta con sufficiente prudenza”, perché i valori di bilancio del Bologna apparivano “molto inferiori”. “La iper-stima del dottor Tamburini _ afferma la relazione di Ballario _ ha avuto altri effetti “cosmetici”: il conferimento della Bfc (…) ha prodotto una plusvalenza di 7,89 milioni nei bilanci della conferente “vecchia” Victoria” al 30 giugno 2002″. Ballario ne trae questo giudizio: “Si può affermare che i bilanci del gruppo Gazzoni fossero sostenuti esclusivamente dalle operazioni infragruppo, operazioni in gran parte caratterizzate da imprudenza”.
Critiche analoghe vengono rivolte ad altre operazioni infragrupppo al di fuori del calcio, riguardanti le società Cafi e Spectre. In particolare la valutazione di un terreno agricolo di 75 ettari alla periferia di Bologna, area destinata a verde agricolo, per la quale _ secondo il bilancio della Cafi _ si valutava “la fattibilità” di un progetto di sviluppo immobiliare-sportivo detto Mondobologna. Secondo gli amministratori della vecchia Victoria la partecipazione valeva poco più di un milione. Ma, in base all’aspettativa che i terreni agricoli sarebbero potuti diventare commerciali, la valutazione fu aumentata a 20 milioni. Il progetto immobiliare non è mai decollato, perché le autorizzazioni degli enti pubblici non sono mai arrivate. E quindi quel valore di 20 milioni è risultato irrealistico.
In conclusione il commercialista che ha redatto la consulenza tecnica nell’interesse di Giraudo afferma che “la complessa costruzione societaria di cui Bfc faceva parte ha consentito alla società di calcio di continuare ad iscriversi al campionato professionistico di calcio pur trovandosi, fin dalla data del 30 giugno 2002, in evidente stato di decozione (…)”.
Secondo Ballario “tali artifici contabili ebbero un duplice effetto: 1) da un lato consentirono a Bfc di rispettare i parametri imposti dalle Norme federali in tema di iscrizione ai campionati professionistici; 2) dall’altro, consentirono la postergazione dello stato di insolvenza in capo a Bfc e, conseguentemente alle altre società del gruppo ad essa collegate”. La relazione aggiunge che “la diversificazione non correlata nel comparto immobiliare, attraverso le controllate Spectre Srl e Cafi Srl (progetto “Mondobologna”), sulla base di ipotesi particolarmente incerte e rischiose, con dispersione di risorse finanziarie e sostenimento di perdite, ha senza alcun dubbio concorso (…) al generale squilibrio del gruppo e della holding Victoria 2000 Srl, fino al suo tracollo. Appare conclusivamente evidente che non fu la retrocessione in serie B del Bologna Fc al termine della stagione sportiva 2004-2005 a determinarne il fallimento”.
Cosa dice Gazzoni? In una memoria depositata dai suoi avvocati parla di “erroneità della perizia (…) che sconta il doppio peccato originale di limitarsi ai dati di bilancio e di non tenere conto delle precedenti cessioni e delle offerte di acquisto delle azioni (unico dato da cui derivare il vero valore di una società, in specie sportiva) che abbiamo prodotto con la precedente memoria”. Curioso che Gazzoni consideri un “peccato originale” una perizia basata sui “dati di bilancio”, visto che proprio questo è l’oggetto della perizia di Ballario. Su cosa dovrebbe basarsi una perizia che analizzi lo stato di salute economico, finanziario e patrimoniale di una società?
Gli avvocati di Gazzoni però si oppongono alla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio avanzata dalla Juventus e avente per oggetto l’indagine circa “la reale situazione economica, finanziaria, patrimoniale di Victoria Srl alla data del 30 giugno 2004”. E Gazzoni si oppone anche alla richiesta di Giraudo di ulteriori indagini sui conti del Bologna Fc fino al momento dell’iscrizione al campionato 2004-2005, se il giudice ritenesse non sufficiente la documentazione prodotta.
C’è un altro punto, esterno al processo, che potrebbe incidere sulle decisione del giudice. E’ rimasta sotto traccia la notizia che Gazzoni aveva già chiesto i danni all’ex proprietario della Reggina Calcio, Lillo Foti, con un’azione legale presentata anni fa al Tribunale di Modena. Gli avvocati di Giraudo avanzano il dubbio che per le stesse vicende si possa fare una successiva richiesta di danni ad altri soggetti.
Ma Gazzoni è uomo abituato alle battaglie in tribunale. Come dimostra anche la causa fatta a quella che è stata l’ex compagna per un decennio fino al 2005, la designer americana Katherine Price, ex moglie di Leonardo Mondadori. Gazzoni ha chiesto di riavere i costosissimi regali che le aveva fatto, tra cui gioielli, un diamante di tredici carati, un quadro di Pablo Picasso da un milione di euro e altre tele. La signora si è rifiutata. La Cassazione ha riconosciuto il diritto della signora a tenersi tutti i regali, tranne il prezioso Picasso, non considerabile un dono come gli altri “perché la donazione, avvenuta a chiusura di uno screzio tra le parti, unitamente al regalo di un brillante da tredici carati, costituiva apprezzabile depauperamento del patrimonio del donante”. Avrebbe pertanto “richiesto la forma dell’articolo 782 del codice civile”, quantomeno la certificazione di un notaio. I rapporti tra Gazzoni e la signora Price sarebbero ancora buoni, a quanto si racconta. Ma per Calciopoli è tutta un’altra musica.