Indagato, a sua insaputa. “Premesso che non sono al corrente di nulla, posso dire che nel breve periodo di interregno tra i due amministratori, nel quale ho dovuto svolgere le funzioni di a.d., l’ho fatto sempre con grandissima attenzione e senso di responsabilità”. Luca Cordero di Montezemolo è il nome eccellente tra i tre manager indagati dalla Procura di Civitavecchia per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta per il crac dell’Alitalia targata Etihad.
Un’alleanza che Montezemolo aveva spinto con determinazione. Il 20 febbraio 2014 l’ex presidente della Ferrari aveva anche fatto incontrare Matteo Renzi, all’epoca premier incaricato, con lo sceicco Khaldoon al Mubarak, uomo d’affari vicino al principe ereditario di Abu Dhabi, nonché presidente e proprietario del Manchester City e amministratore delegato del Fondo Mubadala, il braccio industriale del governo degli Emirati per gli investimenti all’estero, tra l’altro proprietario del 100% dell’italiana Piaggio Aero. L’incontro si era svolto a casa di Montezemolo, nel quartiere Parioli a Roma, mentre la trattativa con Abu Dhabi su Alitalia non era ancora nella fase calda.
I soldi di Abu Dhabi. Khaldoon al Mubarak (a sinistra) e Pep Guardiola
Montezemolo non è idagato per quell’incontro, ma per il crac di Alitalia che, partita il primo gennaio 2015 con i soci emiratini al 49%, puntava a raggiungere l’utile operativo nel terzo anno, nel 2017. Invece, dopo appena due anni e quattro mesi, è arrivato il crac. Il 2 maggio 2017 la compagnia ha chiesto al tribunale di Civitavecchia di essere dichiarata insolvente e al ministero dello Sviluppo economico la nomina dei commissari. L’istanza al tribunale e al ministero era firmata dallo stesso Montezemolo, fino a quel giorno presidente della compagnia.
Gli indagati sono tre, tutti coloro che si sono succeduti come amministratori delegati di Alitalia-Sai nella fase in cui Etihad aveva il 49% della compagnia: Silvano Cassano, a.d. dall’inizio dell’attività fino al 18 settembre 2015, dimessosi all’improvviso per “motivi personali”, quando le cose avevano cominciato ad andare peggio del previsto. Montezemolo, che era presidente senza deleghe, fu nominato lo stesso giorno anche amministratore delegato, fino alla scelta di un nuovo amministratore delegato.
La scelta ha richiesto più tempo del previsto e Montezemolo ha avuto la doppia carica di a.d., insieme a quella di presidente, per quasi sei mesi. Fino al 7 marzo 2016, quando la cloche è passata a Cramer Ball, australiano, ex collaboratore di un altro manager australiano, James Hogan, l’allora a.d. di Etihad che era anche vicepresidente di Alitalia.
Hogan era molto influente nelle scelte di Alitalia, avendo dietro una compagnia del peso di Etihad, ma formalmente non aveva poteri. Non è indagato, per ora.
Intanto Alitalia, affidata ai tre commissari Luigi Gubitosi (che vorrebbe diventare a.d. di Telecom Italia, per ora è nel cda), Enrico Laghi (preso da una dozzina di incarichi, professore universitario, è anche commissario dell’Ilva) e Stefano Paleari (professore universitario), continua ad andare male.
La compagnia perde 500-600 milioni all’anno. E 1.460 lavoratori sono stati messi in cassa integrazione, dei quali 300 a zero ore, cioè sono fissi in cassa, per gli altri il sacrificio è a rotazione. Lo Stato ha concesso un prestito di 900 milioni perché continui a volare. Chissà se verranno restituiti.