Per un pezzo di Piaggio Aero potrebbe esserci un futuro sotto le ali di Leonardo, l’ex Finmeccanica. Il gruppo industriale controllato dal ministero dell’Economia ha dichiarato per la prima volta la possibilità di un interesse per Piaggio, azienda ligure con 1.200 dipendenti travolta dai debiti e dai costi di realizzazione di un velivolo che non funziona, il drone P.1HH (nella foto in alto).
“Dobbiamo capire come evolverà la situazione e poi faremo le valutazioni del caso”, ha detto l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, rispondendo a una domanda sull’eventualità che la società di Piazza Monte Grappa possa essere coinvolta nel salvataggio di Piaggio Aero. “Abbiamo visto che è una società entrata in amministrazione straordinaria e sappiamo che svolge funzioni importanti per l’Aeronautica militare italiana, come ad esempio la manutenzione del Mb-339 che è oggi il sistema di training base, quindi importantissima per il nostro cliente e per noi”, ha detto Profumo. Il riferimento è al ramo motori, che fa la manutenzione dei vecchi aerei addestratori dell’Aeronautica militare, gli Mb-339. Profumo non ha menzionato le altre attività di Piaggio, i velivoli civili e quelli militari.
Leonardo. L’ad Alessandro Profumo in Qatar
L’anticipazione sul Sole 24 Ore
Avevo anticipato il possibile intervento di Leonardo come cavaliere bianco per salvare Piaggio in un articolo sul Sole 24 Ore il 15 novembre scorso, indicando l’ipotesi che Leonardo potesse acquisire fino al 50% della società. In quell’occasione dal gruppo era stato smentito che un intervento in Piaggio rientrasse nei piani della società. Dentro Leonardo però si ammetteva che l’intervento dell’ex Finmeccanica è una delle ipotesi in una situazione “fluida”, non ancora definita.
Le pressioni del governo
La spinta per un intervento di Leonardo viene dal governo, soprattutto dal Mise di Luigi Di Maio e dai Cinque stelle. Piaggio è stata messa in ginocchio dalle difficoltà del suo prodotto principale, il jet executive P180, le vendite non sono sufficienti, poi il colpo di grazia è stato dato dai costi di sviluppo e realizzazione dei droni militari voluti dal governo degli Emirati Arabi Uniti, che attraverso Mubadala controlla il 100% della società ligure (ma con sede legale a Roma, chissà perché).
A Pomigliano. Luigi Di Maio con i vertici Leonardo
Il P.2HH
Viste le difficoltà del P.1HH, la Piaggio ha cercato di lanciarsi nella produzione di un nuovo drone, il P.2HH, che _ secondo i piani dell’azienda _ dovrebbe essere comprato sia dal ministero della Difesa italiano sia dagli Emirati Arabi. Ma il Parlamento non ha dato il via libera alla proposta già presentata dal governo Gentiloni con la ministra della Difesa di Genova, Roberta Pinotti, di stanziare 766 milioni in 15 anni per comprare 20 droni e 10 stazioni di terra.
Il drone europeo
Gli Emirati Arabi avrebbero stanziato una somma analoga. Il progetto interesserebbe anche il gruppo Leonardo, per l’avionica e e l’elettronica. Il valore della potenziale commessa sarebbe ripartito in parti pressoché uguali tra i due gruppi, ha detto in Parlamento nei mesi scorsi l’a.d. di Piaggio, Renato Vaghi. In realtà Leonardo non ha mostrato entusiasmo per il programma P.2HH. Il gruppo è già impegnato nello sviluppo di un drone europeo con le industrie di Germania, Francia e Spagna, l‘Euro Male 2025, che dovrebbe contrapporsi ai prodotti americani. Il progetto europeo è nella fase di definizione, non ancora in quella di sviluppo. Già ci sono pochi soldi per il drone europeo, tutto diventerebbe più difficile se dovesse essere finanziato un secondo nuovo drone italo-emiratino.
Drone europeo. L’Euro Male 2025
L’irritazione dei soci arabi
Ad Abu Dhabi però è aumentata l’irritazione verso l’Italia per la mancata soluzione del problema Piaggio. Mubadala, secondo indiscrezioni, avrebbe sollecitato ambienti politici e militari perché Leonardo entri in Piaggio con almeno il 50%, ritenendo che questo darebbe maggiori garanzie di sbloccare il finanziamento per il nuovo drone. Abu Dhabi avrebbe anche fatto capire che, se non si risolve questo problema, potrebbero bloccarsi le trattative negli Emirati per affidare importanti commesse nella difesa al gruppo Fincantieri e a Leonardo. Inoltre gli emiratini avrebbero cercato di utilizzare, come “moral suasion” politica, anche gli affari fatti con l’Eni nel gas e nel petrolio sia mei mesi scorsi con il governo Gentiloni sia pochi giorni fa.
Bilanci in profondo rosso
La Piaggio ha bilanci in profondo rosso. L’ultimo disponibile presso il registro delle imprese è relativo all’esercizio al 31 dicembre 2016. Dal 2014 al 2016 Piaggio ha accumulato 438 milioni di perdite, di cui 79,5 milioni nel 2016, quando ha espresso un fatturato di 104,4 milioni. Il 22 novembre l’azienda ha annunciato la richiesta al Mise di amministrazione straordinaria e ha presentato al tribunale di Savona la richiesta di dichiarazione di insolvenza.
Debiti a 619 milioni
Secondo i dati sul sito del Mise, al 30 settembre scorso Piaggio aveva 618,8 milioni di debiti complessivi, una massa superiore all’attivo alla stessa data, pari a 494,2 milioni. Tra i creditori c’è anche il gruppo Leonardo. Alla fine dell’anno scorso il gruppo di Profumo ha accettato di “riscadenziare” crediti commerciali per 115 milioni verso Piaggio oltre i 12 mesi. Soldi che con l’insolvenza in buona parte l’ex Finmeccanica non riavrà indietro.
Lo spezzatino
Oggi la dichiarazione di Profumo. Sembrerebbe aprire a un possibile intervento, da valutare, nell’amministrazione straordinaria, in cui i prezzi per rilevare le attività sono più bassi rispetto a un’azienda in normale funzionamento. Il sindacato teme uno spezzatino. Andrea Pasa, segretario provinciale di Cgil Savona, ha commentato: “L’intervento di un’azienda pubblica è una delle possibili soluzioni. L’importante però è non dividere le tre produzioni, ossia motori, velivoli civili e velivoli militari, facendo uno ‘spezzatino’: devono restare insieme”. Ma non sarà facile che questo si realizzi.