di Gianni Dragoni (Il Sole 24 Ore)
L’unico a difendere in pubblico Alessandro Rivera, il direttore generale del Tesoro rimosso dal governo Meloni il 19 gennaio e sostituito con Riccardo Barbieri Hermitte (nella foto in apertura), era stato Carlo Messina, a.d. di Intesa Sanpaolo. Il 31 ottobre, quando già circolavano le prime voci di una possibile sostituzione di Rivera, il potente banchiere ne aveva lodato “l’ottimo lavoro” per la riuscita dell’ultimo aumento di capitale di Banca Mps da 2,5 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi versati dallo Stato. L’unico a criticarlo in pubblico è stato Giuseppe Bivona, finanziere che lavora a Londra con la società Bluebell Partners, il quale aveva replicato con un tweet: “Messina è impazzito? Qualcuno gli ha chiesto di fare un endorsement su Rivera? Per il lavoro fatto su Mps Rivera va cacciato. Che se lo assuma Messina!”.
Difeso da banchieri e grandi firme
La partita della sostituzione si è giocata in silenzio. Rivera _ in carica dal 2 agosto 2018 nominato dal primo governo Conte, quando al Mef c’era Giovanni Tria, ma era già in via XX Settembre da 18 anni, nei dieci anni precedenti aveva guidato la direzione per il sistema bancario e finanziario _ ha cercato di resistere, difeso da influenti ambienti finanziari, ben voluto dal Pd. Forse il ministro Giancarlo Giorgetti lo avrebbe confermato, perché teme di rimanere scoperto nei rapporti internazionali, ma Giorgia Meloni e i colonnelli di FdI hanno voluto sostituire un dirigente considerato troppo vicino al Pd. Apprendiamo dalla lettura dei giornali, da “grandi firme” dell’economia e della finanza delle testate più diffuse in Italia, che Rivera avrebbe qualità tali da doverlo rimpiangere e che il modo in cui è avvenuta la sostituzione sarebbe un’onta nei suoi confronti. Potremmo collocare questi giornalisti tra le vedove e gli orfani per la “dipartita” (professionale, beninteso) di Rivera, al quale Poteri Deboli augura il meglio per il suo futuro.
I posti nel board di St e in Cdp
Intanto l’ex d.g. defenestrato continua a sedere nel supervisory board di St Microelectronics ed è nel cda della Cdp per la gestione separata, oltre a rimanere un alto dirigente del Mef. Lo stipendio di Rivera è di 240mila euro lordi l’anno, il massimo per i dirigenti dello Stato (il dato è riferito al 2021, l’ultimo pubblicato).
Bivona: “Rivera un Richelieu, il vero a.d. di Mps”
Abbiamo chiesto all’ingegner Bivona, che ha seguito da Roma gli ultimi eventi, un giudizio sulla sostituzione di Rivera e sulla prossima partita delle nomine nella galassia delle società pubbliche.
Bivona: “Non credo che chi verrà dopo avrà lo stesso potere e la stessa influenza. Rivera è un Richelieu, lo considero il responsabile di una serie di decisioni sbagliate prese dai governi precedenti su una serie di dossier, Mps, Alitalia, Telecom, nonché un alto dirigente in grado di influenzare le nomine nei consigli di amministrazione delle partecipate pubbliche. A mio parere dal 2015 in poi Rivera è stato il vero amministratore delegato ombra di Mps, molti non se ne sono accorti. E noto una coincidenza temporale che tale non è. Lo stesso giorno in cui è stato cacciato Rivera, la presidente di Mps, Patrizia Grieco, ha detto che non è disponibile a essere rinnovata nell’incarico dall’assemblea il prossimo aprile. In realtà ha capito che, venuto meno il ruolo di Rivera, si è spezzato un meccanismo di cui è un ingranaggio…”.
Bluebell. Giuseppe Bivona
Domanda: Rivera aveva questo potere? Sulle società del Mef le decisioni le prendono il ministro dell’Economia, il governo…
Catena di trasmissione
Bivona: “Sulla banca di Siena aveva il potere di condizionare le decisioni. A mio avviso dall’uscita di Alessandro Profumo Rivera è stato il vero a.d. ombra di Mps, avendo come braccio operativo all’interno della banca il capo dell’ufficio legale Riccardo Quagliana, con i vari presidenti a fare da cinghia di trasmissione. L’assurdità della vicenda Mps è che Rivera, che è stato fino al 2018 responsabile della direzione per le banche del Mef, ha voluto fortemente la continuità della gestione di Profumo e di Fabrizio Viola fino ad oggi. Basti sapere che il capo dell’ufficio legale, il capo dei crediti, il capo dei rischi, il capo del bilancio oggi sono gli stessi di quando c’erano Profumo e Viola. Sottolineo che, a mio avviso, il vero a.d. ombra della banca non è Luigi Lovaglio come non era Guido Bastianini prima, ma è Rivera, che trasmetteva le direttive a Quagliana tramite le presidenze, Stefania Bariatti prima, Grieco poi. L’auspicio è che, andato via Rivera, si scardini questa catena, Rivera-Grieco-Quagliana, e che la banca possa essere gestita in maniera diversa”.
Mps. La presidente Patrizia Grieco e l’ex a.d. Guido Bastianini
D: Lovaglio è a.d. di Mps da meno di un anno, dal 7 febbraio 2022 e come tutto il cda scade anche in aprile. Qual è il suo ruolo?
Bivona: “E’ un caretaker. A Londra chiamiamo così chi ha un ruolo di custode, ma non prende le decisioni vere”.
D: Come dire, un badante?
Bivona: “Sì. Lovaglio e Bastianini erano dei caretaker, non dei decision maker”.
D: Quali sono le principali decisioni che Rivera ha preso su Mps?
Bivona: “Rivera è il responsabile delle richieste di aiuti di Stato ottenuti dalla banca nel 2013 e nel 2017 sulla base di rappresentazioni false dei conti, con l’avallo dei ministri dell’Economia. Nel 2017 con la ricapitalizzazione precauzionale lo Stato ha speso 5,4 miliardi che si sono azzerati”.
Disastro. Una sede di Banca Mps
Azioni di responsabilità respinte
D: Bivona, lei ha una lunga storia di contrasti con Mps, ha proposto all’assemblea azioni di responsabilità contro gli ex vertici che sono state respinte.
Bivona: “Contro Viola e Profumo. Rivera si è sempre opposto, 4-5 volte e la richiesta è stata rigettata dal Mef. Rivera è quello che ha fatto nominare Profumo a.d. di Leonardo anche dopo che era stato condannato in primo grado per falso in bilancio per Mps”.
Dalle banche a Leonardo. Alessandro Profumo con Luigi Di Maio
Le nomine
D: E’ stata la politica a fare queste scelte.
Bivona: “Rivera è quello che ha trovato le soluzioni tecniche per attuare quello che la politica voleva”.
D: Come giudica la scelta del nuovo d.g. del Tesoro?
Bivona: “La scelta di Barbieri m sembra ottima, ha un profilo internazionale, una persona molto credibile. E’ un economista che ha lavorato per molti anni nei mercati finanziari in diverse grandi banche internazionali, prima di entrare al Mef nel 2015. Non credo che si comporterà come Rivera”.
D: Cosa intende dire?
Bivona: “Credo che anche per le nomine e le scelte industriali Rivera si sia arrogato delle prerogative nella gestione delle partecipate che non credo competano al Mef in quanto azionista, scardinando i tradizionali meccanismi di governance”.
D: Nelle nomine ha gestito i dossier delle più grandi società pubbliche.
Bivona: “Rivera, sempre con l’avallo della politica, era responsabile delle nomine nei cda. E il suo potere si è ampliato perché sono stati fatti dei consigli debolissimi, interamente svuotati di autonomia, mentre il ruolo dell’azionista è solo quello di dare indirizzi, non di gestire. Mettere Profumo a Leonardo che logica ha? “
D: La nomina di Profumo è stata voluta dal governo Gentiloni e dal ministro Padoan nel 2017. E la conferma nel 2020 ha avuto l’avallo di Conte, con Di Maio e Gualtieri.
Bivona: “Rivera ha fatto in modo che le scelte della politica si realizzassero”.
D: Alcuni giornalisti di testate importantissime si lamentano per la cacciata di Rivera…
Bivona: “A parte le osservazioni sulla mancanza di indipendenza di molti giornalisti, che hanno scritto dei necrologi per la cacciata di Rivera, considerata la natura molto tecnica del suo lavoro, credo che pochissimi siano stati in grado di capire la portata delle decisioni di Rivera. Per esempio, ha ottenuto gli aiuti di Stato per Mps. Ma quello è un minus, non è un plus”.
Intesa Sanpaolo. L’a.d. Carlo Messina
L’intervento di Messina
D: E’ stato difeso da Messina.
Bivona: “Circostanza abbastanza singolare, tenendo presente che Intesa Sanpaolo aveva beneficiato dell’acquisto per un tozzo di pane delle famose banche venete. La difesa di Rivera da parte di Messina ha lasciato tutti estremamente perplessi, è del tutto fuori luogo”.
D: Cosa bisogna fare su Mps a suo avviso?
Bivona: “Nominare un presidente di peso, sostituire la prima linea dei dirigenti della banca, a cominciare dal capo degli affari legali, approvare l’azione di responsabilità contro Profumo e Viola, studiare azioni di responsabilità contro le banche estere e chiudere con delle transazioni le azioni legali che gravano sulla banca, una massa di 5 miliardi”.
D: Per avere un futuro la banca deve essere venduta?
Bivona: “Fatto quello che ho detto la banca potrà e dovrà essere venduta“.
Verso Enel? Stefano Donnarumma, a.d. Terna
Le partite su Eni, Enel, Leonardo, Terna
D: Entro aprile il governo dovrà decidere le nomine dei vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, Mps, Enav e altre società pubbliche. Cosa si aspetta?
Bivona: “Si sono creati i presupposti per avere criteri diversi nella tornata di nomine ad aprile. La cacciata di Rivera è un bel segnale, non c’entra lo spoil system, ma è il riconoscimento che Rivera non era adatto a fare il d.g. del Tesoro per i disastri del passato. Spero che lo stesso criterio venga seguito per le prossime decisioni”.
D: Bivona, lei è diventato meloniano? Alcuni anni fa lei si era avvicinato ai Cinque stelle.
Bivona: “Sono come tutti gli italiani che confidano che, quando una cosa non va, arrivi qualcun altro che la fa funzionare. Ho votato sempre nella speranza che il nuovo faccia meglio dei predecessori”.
L’uomo del gas. Claudio Descalzi, a.d. Eni
D: Si fa anche il nome dell’ex ministro Roberto Cingolani, che è rientrato a Leonardo ma è più spesso a Palazzo Chigi come consulente. Potrebbe aspirare a caselle di vertice nell’aerospazio o nell’energia.
Bivona: “L’industria della difesa richiede competenze molto tecniche. Mi auguro che non sia commesso lo stesso errore che è stato commesso con Profumo. I Ceo di società della difesa internazionali hanno competenze di 20-25 anni nel settore, competenze che non hanno né Profumo né Cingolani. Le competenze interne in Leonardo ci sono. Se valorizzare le competenze interne diventasse la cifra delle prossime scelte sarebbe positivo. Questi criteri si dovrebbero applicare anche alla Cdp, dove ci sono ottimi dirigenti”.
Da Descalzi a Turicchi
D: E’ voce diffusa che Descalzi potrebbe essere confermato all’Eni per un quarto mandato, mentre ci sarebbe un ampio rinnovamento dei vertici delle altre società pubbliche.
Bivona: “A parte Descalzi, credo che nessuno sia insostituibile e che dopo un certo numero di mandati la discontinuità è sempre un valore”.
Lungo corso. Antonino Turicchi
D: Al Mef ci sarà una riorganizzazione con un disegno di legge annunciato dal governo. Le competenza del nuovo d.g. del Tesoro saranno spacchettate e delimitate a politiche macroeconomiche e relazioni finanziarie internazionali. Mentre la gestione delle società partecipate verrà affidata a una nuova direzione. Un potenziale candidato a quest’incarico è Antonino Turicchi, dirigente pubblico di lungo corso che piace alla destra, Meloni lo ha voluto presidente di Ita. Che ne pensa?
Bivona: “Mi ero espresso, anche con una lettera alla presidente del Consiglio Meloni, contro l’ipotesi che Turicchi venisse nominato d.g. al posto di Rivera. Turicchi è una figura in continuità con le scelte fatte da Rivera che ho criticato, è già stato dirigente del Mef, ha fatto parte del cda di Mps anche come vicepresidente, è stato nel cda Leonardo… Mi auguro che non sia questa la scelta per una posizione così importante”.
D: Turicchi è stato nominato nel cda di Mps il 16 aprile 2015 e vicepresidente il 21 dicembre 2017, ne è uscito il 18 maggio 2020. Che cosa gli imputa?
Bivona: “Trattandosi di un consigliere e di un vicepresidente della banca, Turicchi o era distratto, o era attento e non capiva, o peggio faceva finta di non capire quella che era la situazione di Mps. O vogliamo davvero affidare la gestione della partecipata Mps a questo signore?”.