Sulle banche c’è un dossier esplosivo al Senato. La miccia è stata accesa da un’interrogazione urgente a risposta scritta che prende spunto dallo scoop fatto da Ferruccio de Bortoli nel suo ultimo libro, “Poteri forti (o quasi)”.
L’ex direttore del Corriere della sera e del Sole 24 Ore ha rivelato che nel 2015 l’ex ministro delle Riforme Maria Elena Boschi chiese all’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, di valutare una possibile acquisizione per salvare Banca Etruria, di cui il padre della Boschi, Pierluigi, era vicepresidente.
L’interrogazione è stata presentata da due esponenti del centro-destra, il leader di Idea Gaetano Quagliariello, ex Forza Italia, che è stato ministro delle Riforme nel governo Letta, immediatamente prima della Boschi, insieme ad Andrea Augello.
L’interrogazione parla anche di un altro dossier caldo, la trasformazione delle banche popolari in società per azioni, che fu oggetto di un controverso decreto legge varato dal governo di Matteo Renzi nel gennaio 2015.
La soglia per la trasformazione delle Popolari
Con il decreto fu introdotto l’obbligo di trasformazione in Spa per le popolari con attivo superiore a otto miliardi di euro.
“Palazzo Chigi” _ ricordano gli interroganti _ impose lo stop alla proposta proveniente dal Parlamento “di innalzare tale soglia a 30 miliardi, la medesima che definisce le banche “significative” o “di rilevanza sistemica” soggette al Meccanismo di vigilanza unico (Muv) da parte della Bce”. Secondo i due senatori l’innalzamento della soglia sarebbe stato “condiviso informalmente dallo stesso ministero dell’Economia”.
Con la soglia più bassa, a 8 miliardi, anche Etruria rientrò tra le banche obbligate a trasformarsi in Spa: se ci fosse riuscita, secondo diffuse interpretazioni, sarebbe stato più facile poterla vendere se ci fosse stato un compratore. Ma il Cavaliere bianco non c’è stato e la “banca dell’oro” è stata prima commissariata poi è finita in completo dissesto. E anche i guai di papà Boschi sono aumentati.
Nella lettura dei due senatori le due vicende sono collegate e anche i tempi coincidono, i primi mesi del 2015, quando la Boschi si rivolse a Ghizzoni.
Tornando a Unicredit, i due parlamentari rilevano che Ghizzoni, dopo la richiesta della Boschi, “avrebbe tempestivamente incaricato Marina Natale (…) di analizzare la fattibilità di un possibile intervento dell’istituto nel senso auspicato dal ministro”, ma dopo l’approfondimento l’allora alta dirigente di Unicredit dichiarò “la non fattibilità dell’operazione, mettendo così il dottor Ghizzoni nella possibilità di rifiutare il sostegno richiesto dal ministro”.
Quagliariello e Augello osservano che “contestualmente alle pressioni esercitate su Unicredit dal ministro Boschi, almeno altri due componenti del Consiglio dei ministri (…) tentavano di coinvolgere altrettanti istituti nel salvataggio di Banca Etruria”. Oltre a citare Graziano Delrio, il quale “successivamente ha ammesso” di aver preso contatto con la Popolare dell’Emilia (Bper), l’interrogazione dice che “anche il ministro Lotti sollecitava il coinvolgimento di altre banche popolari della stessa filiera alla quale appartiene la Popolare dell’Etruria, che avrebbero fornito risposte negative fondate innanzitutto sull’evidenza dei conti, nella sostanza non differenti da quelle infine date da Unicredit”.
Una bomba sulla “ditta” Boschi-Renzi
A questo punto l’interrogazione dei due senatori di centro-destra sgancia una bomba sulla “ditta” Boschi-Renzi e l’entourage del Giglio magico. Viene citata la vicenda del canone, in sostanza una tassa, dovuto dalle banche per la trasformazione delle imposte anticipate attive (dette anche Dta, che sta per “Deferred tax asset”) in crediti d’imposta.
“Falliti questi tentativi e giunto l’inevitabile commissariamento di Banca Etruria, inizia, nella prima metà del 2016, la curiosa vicenda della disciplina del canone dovuto dalle banche ai fini del riconoscimento delle imposte differite attive in bilancio; in sintesi, il governo pretendeva di imporre _ dicono Quagliariello e Augello _ la piena efficacia della disciplina del canone Dta a partire dal 2015 e fino al 2029, aggiungendo di fatto l’annualità del 2015 rispetto alle indicazioni stabilite in sede comunitaria e già adottate in Spagna, che appunto ne contemplavano l’applicazione a partire dal 2016 e fino al 2030″.
Secondo l’interrogazione questa era “una grossolana sperequazione” e la Camera dei deputati il 30 giugno 2016 approvò due ordini del giorno che “impegnavano l’esecutivo ad adottare, nel primo provvedimento utile, una modifica della norma sul canone Dta, che ne prevedesse l’applicazione dal 2016 al 2030”. Ma il governo nel dicembre 2016 si è opposto a due emendamenti parlamentari “finalizzati a dare attuazione all’ordine del giorno”.
Tassa doppia sul bilancio 2016
In pratica quella norma obbligava le banche a pagare una tassa doppia nel bilancio 2016, perché l’imposta o canone era dovuto anche per l’esercizio precedente, il 2015.
“Secondo le informazioni raccolte dall’interrogante, l’inspiegabile atteggiamento del governo sui canoni Dta fu determinato non da un parere di merito del competente ministero dell’Economia e finanze, ma da indicazioni provenienti da Palazzo Chigi, che in quella circostanza si dichiarò indisponibile a sanare sia con un proprio provvedimento, sia attraverso gli emendamenti presentati dai parlamentari Giorgetti e Abrignani, sia attraverso un ulteriore emendamento eventualmente presentato dal relatore, una sperequazione priva di qualsiasi logica spiegazione tecnica, come tale riconosciuta nei due ordini del giorno precedentemente approvati e accolti dal rappresentante del ministro dell’Economia”.
I due senatori osservano che “bisogna attendere il 7 febbraio di quest’anno” perché il Senato approvi l’emendamento del senatore Renato Turano (Pd) nella discussione sul decreto legge salva-risparmio ” per vedere finalmente risolta la questione dei canoni Dta”. Subentrato alla guida del governo Paolo Gentiloni a Renzi, il clima sarebbe insomma cambiato.
Unicredit la più penalizzata
Secondo una voce ufficiosa, circolata in ambienti finanziari, la norma precedente, più penalizzante per gli istituti che volessero mantenere la trasformabilità delle Dta in crediti d’imposta, colpiva in modo più pesante di altre banche il gruppo Unicredit. Cioè proprio la banca che si era rifiutata _ secondo la rivelazione del libro di Ferruccio de Bortoli _ di salvare Banca Etruria.
Questa è solo una coincidenza? O è stata una scelta voluta dal governo Renzi? Come dire, una mossa punitiva, come se fosse una rappresaglia per il rifiuto a salvare Banca Etruria?
Secondo Quagliariello e Augello la coincidenza è sospetta. “E’ dunque inevitabile rilevare, seppur come mera coincidenza, come finché Matteo Renzi è rimasto presidente del Consiglio e Maria Elena Boschi membro del Consiglio dei ministri, il governo _ affermano i due senatori di centro-destra _ abbia perseverato nell’imporre al sistema bancario italiano una norma doppiamente onerosa, a partire dai bilanci 2016, facendo gravare anche un canone preteso per il 2015 senza alcuna plausibile giustificazione tecnica e senza alcun precedente comunitario”.
Tre domande a Padoan
L’interrogazione fa notare che “i buoni propositi del ministro dell’Economia”, Pier Carlo Padoan, sono “diventati attuabili solo con l’arrivo a Palazzo Chigi del presidente Gentiloni”.
In conclusione, Quagliariello e Augello chiedono “al ministro dell’Economia di sapere:
- se i ministri Boschi, Delrio e Lotti, nell’esercitare le pressioni sulle banche popolai e su altri istituti di credito, abbiano agito su suo mandato o lo abbiano almeno preavvertito delle loro iniziative;
- se esista una relazione tra i veti di Palazzo Chigi sulla linea assunta dal ministero dell’Economia sulla questione del canone Dta e sui limiti dimensionali per le banche popolari e la risentita delusione di una parte dell’esecutivo e dell’allora presidente del Consiglio per il mancato salvataggio di Banca Etruria;
- se esista una presentabile spiegazione tecnica dei ripensamenti che hanno reso ambigua la linea del governo di fronte al parlamento (…)”.
La querela a de Bortoli “non è ancora arrivata”
Sulla vicenda Etruria-Unicredit, va detto che l’unica a tentare una protesta di quanto scritto da de Bortoli è stata l’ex ministro e attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, che ha annunciato una querela a de Bortoli.
Querela che “non è ancora arrivata“, sottolinea de Bortoli. Ghizzoni si è chiuso nel silenzio, ha evitato i cronisti ma si è ben guardato dallo smentire quanto ha scritto in maniera circostanziata l’ex direttore del Corriere della sera e del Sole 24 Ore.
Il quale nel libro osserva sulla richiesta della Boschi: “La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata”. “Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”, ha scritto de Bortoli.
Secondo quanto risulta a Poteri Deboli, sarebbe intenzione di Quagliariello chiedere l’audizione di Ghizzoni nella commissione Finanze al Senato.