La Borsa italiana non ha recuperato non solo i livelli pre-crisi, ma neppure quelli di fine 2010. Facendo il confronto con i prezzi al 2 settembre scorso, si nota che in quasi sei anni l’indice generale ha perso il 10 per cento. Gli andamenti, però, sono molto differenziati. E sono soprattutto i grandi gruppi, con qualche eccezione, a deludere. Sui 40 principali titoli, 20 hanno fatto progressi, 16 hanno perso valore. Non ne calcoliamo 4, di più recente quotazione.
L’Eni è la prima società italiana per valore di Borsa. ll 30 dicembre 2010 un’azione Eni valeva 16,34 euro. Il 2 settembre era a 13,72. Chi avesse investito 100 euro a fine 2010, oggi avrebbe perso 16 euro, a parte i dividendi. Non va meglio ai soci di Telecom Italia. Chi avesse investito 100 euro a fine 2010 ne avrebbe persi 15. Va un po’ meglio all’Enel: per ogni 100 euro investiti, ci sarebbe un guadagno di quasi 8 euro, mentre l’azionista di Finmeccanica ne avrebbe guadagnati 22. Cento euro investiti nella “vecchia” Fiat a fine 2010, calcolando le operazioni straordinarie fatte da Sergio Marchionne, avrebbero reso una decina di euro di guadagno. Meglio per i soci di Exor (+SI%), Terna (+48%), Snam (+35%), Atlantia (+68,5%), Italcementi e Luxottica ( +91%). Notizie negative invece per i soci di Generali (-18,4%), Mediaset (-35%), Unipol (-73%).
Le banche, un disastro: chi a fine 2010 avesse messo 100 euro in Mps, si ritroverebbe in tasca solo 1,3 euro ( -98,7%), in Unicredit ne avrebbe 22,3 (-77,7%), in Ubi 40 (-60%). Fanno
eccezione Intesa Sanpaolo (+ 15%) e Mediolanum, che ha raddoppiato il valore. I guadagni maggiori vengono da titoli di società medie: Campari e Ferragamo hanno raddoppiato le quotazioni, Yoox le ha quasi triplicate, il primato è di Recordati con 3,85 volte.
I rialzi maggiori, però, sono fuori dalle “blue chips”: quadruplicate le quotazioni di De’ Longhi e Ima, 6,78 volte Brembo. Come nell’economia reale, anche in Borsa mancano i grandi gruppi.