E’ passata un’altra settimana a vuoto, senza che la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche sia ancora nata.
Finora non sono ancora stati indicati i nomi di tutti i componenti designati dai gruppi parlamentari. La melina fatta dal Pd, insieme alla lobby bancaria, hanno frenato il via della commissione che dovrebbe indagare sui dissesti e i crac bancari che _ da Arezzo a Siena, da Chieti a Genova, dalle Marche al Veneto _ hanno coinvolto decine di migliaia di risparmiatori. Questi dissesti sono costati ai contribuenti _ come se fossero azionisti a loro insaputa _ circa 20 miliardi di soldi pubblici iniettati dallo Stato nelle banche per salvarle.
Il Pd ha comunicato solo giovedì 14 settembre i nomi dei suoi deputati e sentaori, quando ormai la settimana “cortissima” dei lavori parlamentari era terminata. Come se non bastasse, fino ad ora mancano altre indicazioni, Gal e Alternativa popolare devono indicare i loro rappresentanti al Senato, Fratelli d’Italia alla Camera.
Grasso e Boldrini inerti
La commissione bicamerale, 40 componenti, quindi ancora non può riunirsi, perché non è completa. Curioso che né il presidente del Senato Pietro Grasso né la presidente della Camera Laura Boldrini abbiano sollecitato i ritardatari a indicare i nomi. In un’intervista sul Messaggero di oggi il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha pintato i paletti all’operato della commissione, segno della preoccupazione che serpeggia tra i banchieri per le potenziali rivelazioni dell’inchiesta.
Eppure la legge che istituisce la commissione è stata approvata in via definitiva il 21 giugno ed è entrata in vigore il 28 luglio scorso. Quindi i gruppi hanno avuto tutto il tempo per prepararsi.
Pd in testa ai frenatori
Sono in molti ad avere motivi per frenare. Il Pd e Matteo Renzi innanzitutto, per il caso Banca Etruria in cui era vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena Boschi, molto vicina all’ex premier, che la volle ministro delle Riforme nel suo governo. Ora Boschi è sottosegretario a Palazzo Chigi con il premier Paolo Gentiloni.
Crac ad Ancona. Massimo Bianconi, ex direttore generale di Banca delle Marche
Le rivelazioni di de Bortoli
Allo scandalo della cattiva gestione della banca di Arezzo, agli intrecci con la massoneria e al suicidio di un risparmiatore, si è aggiunta la rivelazione, nel bel libro di Ferruccio de Bortoli “Poteri forti (o quasi)”, che nel 2015, quando era ministro, Boschi chiese all’allora a.d. di Unicredit, Federico Ghizzoni, di valutare l’acquisto di Etruria per salvare la banca. Ghizzoni, secondo il libro di de Bortoli, fece valutare l’operazione e la rigettò perché non c’erano i presupposti. Ghizzoni ha taciuto sul merito, ma ha detto che se venisse convocato in Parlamento parlerebbe.
La battaglia su Banca d’Italia
A una parte del Pd non fa piacere neppure che, con l’indagine, si dia pubblicità al dissesto di un’altra banca ben più grande, il Monte dei Paschi di Siena. Renzi vuole sostituire il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a cui rimprovererebbe di non aver dato una mano per coprire gli scandali delle gestioni di Etruria e Mps. Il mandato di Visco scade il 31 ottobre.
Il candidato di Renzi per Bankitalia è Marco Fortis, economista vicino al potere e alla Confindustria. Quando governava Silvio Berlusconi, Fortis era molto gradito a Giulio Tremonti, ministro dell’Economia. Gentiloni invece sarebbe favorevole alla conferma di Visco.
Gli attacchi a Visco
Il governatore attuale è contestato anche da Forza Italia. Attacchi pesanti arrivano dal M5S. Accusa la vigilanza di via Nazionale di non aver denunciato per tempo i crac bancari, in particolare viene addebitata a Visco la “copertura” delle scorribande di Giovanni Zonin, ex presidente della Popolare di Vicenza.
E’ andato all’attacco di Visco un esperto di finanza che opera da Londra, Giuseppe Bivona, con una lettera pesante a Gentiloni. Nessuno gli ha risposto direttamente, neanche la Banca d’Italia. Via Nazionale ha fatto sapere, attraverso un articolo di Repubblica nei giorni scorsi, che Visco risponderebbe alle accuse se convocato dalla bicamerale d’inchiesta. Un modo curioso di rispondere ad accuse molto pesanti, da ventriloqui.
Per la nomina a governatore altre candidature sarebbero interne alla Banca, il direttore generale Salvatore Rossi o il vice dg, Fabio Panetta. Anche queste bocciate da Bivona, il cui attivismo è temuto negli ambienti finanziari, non solo bancari.
Neppure il mondo imprenditoriale, Confindustria, desidera che si faccia pubblicità sulle connessioni tra imprenditori che hanno ricevuto grossi prestiti senza essere meritevoli e crac bancari. Ecco dunque una serie di motivi che spiegano perché in Parlamento ci siano tanti ostacoli alla commissione d’indagine, che ha i poteri dell’autorità giudiziaria.
Il ruolo di Casini
Appena completata dovrà nominare il presidente. E’ sul tavolo la candidatura del centrista Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, già organico al mondo bancario. In marzo Casini è stato accolto come socio della bolognese Fondazione Carisbo, che è azionista di banche importanti. Prima di fine mese è difficile che la commissione possa essere operativa.
Secondo la legge istitutiva la commissione deve lavorare un anno e dopo sei mesi deve fare una prima relazione. Ma tra circa sei mesi si dovrebbe votare (probabilmente in marzo 2018) e quindi la commissione non avrà tempo neppure per la prima semetsrale. I sabotatori dell’inchiesta parlamentare hanno quindi raggiunto il loro obiettivo.
Banchieri preoccupati
La commissione d’inchiesta comunque preoccupa i banchieri. A un convegno sulle banche organizzato dalla Luiss insieme all’associazione The Ruling companies, tra banchieri, esponenti della Bce, di Banca d’Italia e dell’Abi, intervenuto anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nessuno haneppure menzionato la commissione d’inchiesta. Meglio esorcizzarla. Ma di questo parleremo nel prossimo articolo.