Tremano i boiardi di Stato. Le poltrone assegnate da Matteo Renzi dal 2014 in poi nelle grandi società pubbliche traballano. E’ questione di settimane. Ma il cambio di maggioranza politica scaturito dalle elezioni del 4 marzo porterà a un nuovo governo (quale ancora non si sa) che potrebbe voler ridiscutere anche i vertici delle aziende di pubbliche.
Perfino le quotate in Borsa i cui cda non scadono quest’anno, perché sono stati rinnovati l’anno scorso per tre anni: Eni, Enel, Poste, Leonardo ex Finmeccanica, Terna ed Enav. Oltre alle non quotate Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Rai i cui cda scadono con le assemblee che tra aprile e giugno approveranno i bilanci 2017. E, a cascata, Saipem in scadenza quest’anno e Fincantieri il prossimo. Attenzione: nel mazzo delle poltrone di Stato c’è anche una banca, Mps.
L’avviso di Mediobanca
Mediobanca, la banca d’affari che lavora con molti di questi gruppi, ha lanciato immediatamente l’allarme sul cambio dei vertici. “La possibilità di un nuovo governo include anche il rischio di cambi nel management per le società controllate dallo Stato i cui cda sono stati nominati e confermati durante la precedente amministrazione del Pd”, ha rilevato Mediobanca in un report che analizza il voto. Siluro o preveggenza?
Siluro? Alberto Nagel, a.d. di Mediobanca
Tra Lega e Cinquestelle
Se dovessero essere la Lega o i Cinque stelle ad andare a Palazzo Chigi, o un governo di Centrodestra, dopo cinque anni di Centrosinistra si andrebbe a un pressoché totale ricambio dei manager renziani o gentiloniani. Salvo in qualche caso vengano riconosciuti meriti tali che, tuttavia, i risultati della gestione non sembrano dimostrare, almeno non in maniera incontrovertibile.
Il blitz di Mazzoncini
Probabilmente l’unico manager pubblico a non preoccuparsi tanto è Renato Mazzoncini, l’ingegnere bresciano che Renzi aveva voluto come a.d. delle Fs nel 2015. Il mandato di Mazzoncini sarebbe scaduto con l’approvazione del bilancio 2017, tra qualche mese. Ma l’incarico è stato rinnovato per tre anni a fine dicembre 2017 da Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan, con un blitz che è stato una forzatura, con il pretesto del passaggio sotto le Fs dell’Anas. Operazione di cui non si comprende il senso strategico, se non quello di rafforzare il feudo renziano delle Fs.
Da non dimenticare che nel gruppo di piazza della Croce Rossa c’è sempre Mauro Moretti a presiedere la Fondazione Fs, malgrado una condanna a sette anni di reclusione, in primo grado, per la strage causata nell’incidente ferroviario di Viareggio che provocò 32 morti. A causa della sentenza Moretti ha perso il posto di a.d. dell’ex Finmeccanica, dove lo aveva voluto Renzi nella primavera 2014, ma il “ferroviere” tra gli incarichi si tiene stretto quello di presidente della Fondazione ferroviaria e ha un ufficio in piazza della Croce rossa.
Renziano. Renato Mazzoncini, a.d. delle Fs
Le tensioni nell’ex Finmeccanica
Al posto di Moretti quasi un anno fa il premier Paolo Gentiloni ha mandato Alessandro Profumo. E’ stato l’unico cambiamento nella formazione dei manager renziani in scadenza. Il Quirinale non gradiva degli spostamenti che avrebbero potuto creare un effetto a catena e scatenare incertezza. Saltò solo Moretti per la sentenza sulll’incidente di Viareggio.
Sei mesi dopo l’uscita del “ferroviere”, secondo i dati comunicati da Profumo, è emerso che l’ex Finmeccanica, alla quale Moretti con il consenso di Renzi ha voluto cambiare nome in Leonardo, ha risultati e prospettive in peggioramento. Risultati per il 2017 nient’affatto brillanti come aveva annunciato Moretti negli ultimi mesi e come gran parte degli analisti finanziari e dei media avevano voluto credere.
Scelto da Gentiloni. Alessandro Profumo, a.d. di Leonardo-Finmeccanica
Le “conferme” di Renzi
Renzi non aveva gradito questo cambiamento nel potente gruppo dell’aerospazio e difesa. “Farei di nuovo la nomina dell’amministratore delegato dell’Eni, dell’Enel, di Finmeccanica”, aveva detto Renzi nella trasmissione Rai “Carta Bianca”, il 19 settembre 2017, rispondendo a una domanda della conduttrice, Bianca Berlinguer.
“Mi ha nominato Paolo”, ha puntualizzato Profumo, riferendosi a Gentiloni. Ma con l’uscita di Gentiloni da Palazzo Chigi per il vertice di Leonardo si potrebbe aprire una fase di instabilità e tensione. Chi è stabile è il presidente Gianni De Gennaro, finché c’è l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lo protegge.
Ex socialista. Giuseppe Bono (a sinistra), a.d. di Fincantieri, con Claudio Costamagna e Franco Bassanini
I piani di Bono
Si racconta che avrebbe avuto mire sul vertice dell’ex Finmeccanica l’a.d. di Fincantieri Giuseppe Bono, ex socialista, al timone dal 2002: se non l’incarico di a.d., Bono avrebbe puntato quello di presidente, ma l’ex capo della polizia (e dei servizi segreti) De Gennaro è blindatissimo. Uomo di poche parole in pubblico, grande tifoso dell’As Roma, De Gennaro conosce molti dossier delicati e ha rapporti forti con gli Stati Uniti.
Con il cambio di maggioranza politica dovrebbe guardarsi bene le spalle anche Bono, lanciato in una campagna di espansione che lo vede protagonista di accordi con la Francia che, per ora solo in fase embrionale, se non verranno ben bilanciati rischiano di penalizzare l’industria militare italiana sia nel settore navale sia in quello di competenza di Leonardo. Il mandato di Bono scade l’anno prossimo.
Nel prossimo articolo, Poteri Deboli racconterà la situazione in Cdp, Eni, Enel, Poste e in altre società pubbliche.