Leonardo Bonucci come Andrea Pirlo. Via dalla Juventus dopo una finale persa di Champions League. Via anche, qualcuno dice soprattutto, da Massimiliano Allegri, l’allenatore al quale il club ha prolungato il contratto fino a giugno 2020, quattro giorni dopo la batosta di Cardiff contro il Real Madrid (1-4).
Il caso Bonucci fa riemergere le crepe che, da quanto trapelato da una società pur blindata e con regole “militari” come il club sabaudo, hanno ritmato i rapporti tra Allegri e alcuni campioni dalla forte personalità. Forse troppo forte per poter convivere con l’allenatore livornese.
Tuttavia dietro la cessione, non ufficiale ma ormai avviata a rapida conclusione, si possono leggere anche motivazioni economiche, secondo un’analisi dei conti della Juventus fatta da Poteri Deboli.
In sostanza, come vedremo, dopo le superplusvalenze dello scorso esercizio, terminato il 30 giugno 2017, quest’anno il bilancio della Juventus chiuderebbe con una perdita elevata (circa 40 milioni di euro, secondo alcune stime esterne) se non ci fossero plusvalenze da cessione di calciatori. E le plusvalenze si fanno soprattutto vendendo giocatori nel mercato estivo, di luglio e agosto, più difficile realizzarle nella finestra invernale di gennaio.
I divorzi di Allegri
Vediamo prima i divorzi. Con Pirlo il divorzio di Allegri c’era stato due volte: prima al Milan, poi alla Juve, dove Pirlo era stato attirato da Antonio Conte.
Con Bonucci le crepe sono emerse lo scorso 18 febbraio nella partita Juventus-Palermo, vinta 4-1 ma sporcata dalla polemica tra il libero che ha preteso di dare consigli tattici e l’allenatore che gli ha risposto in campo: “Pensa a giocare, testa di c…”, come ricorda anche un articolo di oggi di Repubblica.
I contrasti sarebbero riesplosi il 3 giugno a Cardiff, secondo indiscrezioni che la società ha sempre smentito, riproposte anche oggi da Repubblica. Alla fine del primo tempo Bonucci negli spogliatoi avrebbe chiesto con insistenza ad Allegri di sostituire sulla fascia destra Andrea Barzagli con Juan Cuadrado, perché il difensore non era in grado di frenare l’esuberanza di Marcelo e degli altri incursori del Real.
Che sia vero, o no, la società lo smentisce, i fatti dicono però che due titolari della squadra schierata nella finale di Champions League hanno deciso all’improvviso di lasciare la Juve. Il primo è stato Dani Alves.
Molti tifosi e analisti si chiedono se ci sia un problema di gestione dei rapporti con Allegri. La società ha sempre difeso l’allenatore (anche dopo la pessima partenza nel secondo campionato a Torino) e continua a farlo. Ma che ci siano dei problemi è evidente.
Come spiegare del resto anche le partenze negli ultimi anni di altri due gioielli, Arturo Vidal nell’estate 2015 e Paul Pogba l’anno scorso? In queste due operazioni, va riconosciuto, ci sono motivazioni economiche, soprattutto in quella Pogba.
Tuttavia, a ben guardare, la convenienza economica di quest’ultima cessione potrebbe essere inferiore alle apparenze.
Divorzi. Massimilano Allegri, allenatore della Juventus
Le valutazioni di Pogba e Higuain
Nell’estate 2016 il centrocampista francese è stato pagato a peso d’oro dal Manchester United, 105 milioni di euro, di cui però 27 milioni sono finiti nelle tasche del procuratore, Mino Raiola.
La Juve ha incassato circa 78 milioni, la plusvalenza sul bilancio è di 72,5 milioni. La società presieduta da Andrea Agnelli ha subito impegnato l’intera somma, anzi più di quanto ha incassato, per comprare dal Napoli il centravanti Gonzalo Higuain, pagato 90 milioni.
Attenzione, però: al momento della cessione Pogba aveva 23 anni (è nato il 15 marzo 1993), mentre Higuain ne aveva quasi 29 (è nato il 10 dicembre 1987). Questo significa, al netto di quello che sarà il rendimento e la fortuna dei due giocatori che non possiamo pronosticare, che Pogba, essendo di circa sei anni più giovane, ha davanti a sé una carriera molto più lunga dell’attaccante argentino.
Pertanto il Manchester avrà molto più tempo per ammortizzare l’investimento su Pogba di quanto non ne abbia la Juve su Higuain. Il costo del cartellino di un giocatore non viene spesato in un solo esercizio quando c’è l’acquisto, ma viene spalmato in più anni, secondo la durata del contratto.
Higuain ha un contratto di 5 anni, il massimo consentito dalle norme Ue: pertanto la Juventus ogni anno deve accantonare come ammortamento un quinto della somma pagata, 18 milioni, salvo che poi prolunghi il contratto o ceda il giocatore.
In pratica, immaginando che entrambi giochino a un livello elevato fino a 35 anni e restino negli attuali club, il Manchester avrebbe il doppio del tempo per ammortizzare l’investimento, 12 anni per ammortizzare i 105 milioni spesi per Pogba contro i sei anni della Juventus per i 90 milioni del costo di Higuain. Sarebbe come dire, basandosi sulla residua “vita utile” del calciatore, che ai fini del bilancio è un bene aziendale, che Higuain alla Juve è costato circa il doppio di Pogba al Manchester.
E i Red Devils, magari, potrebbero sperare anche di monetizzare l’investimento rivendendo Pogba quando sarà più maturo. Più difficile che la Juve riesca a farlo con Higuain, proprio per l’età del calciatore.
La vendita di Zidane e l’acquisto di Buffon
Un calcolo simile lo fece nell’estate 2001 la Juventus, guidata da Antonio Giraudo e Luciano Moggi, quando il ricavato stellare della vendita di Zinedine Zidane al Real Madrid _ 157 miliardi di lire, pari a 81 milioni di euro, e non ci furono compensi a mediatori _ fu reinvestito comprando, tra gli altri, un portiere di soli 23 anni.
Quel portiere è Gianluigi Buffon: fu valutato 105 miliardi di vecchie lire (54,2 milioni in euro), di cui 75 miliardi in denaro liquido versati al Parma, più la cessione definitiva agli emiliani di un giocatore valutato 30 miliardi, Jonathan Bachini.
I dirigenti della Juve avevano calcolato che, data la giovane età di Buffon, il club avrebbe avuto almeno 15 anni di tempo per ammortizzare la spesa. Con Buffon, che a 39 anni gioca ancora titolare nella Juve e in Nazionale, arrivò anche un certo Pavel Nedved, aveva 29 anni, pagato 70 miliardi di lire, oggi vicepresidente della Juve (qualcuno dice non ancora per molto).
Se si considera l’età, Higuain più caro di Pogba
La sola analisi delle somme spese in relazione all’età dei giocatori ci può portare a dire che la somma pagata l’anno scorso dalla Juventus per comprare Higuain appare un po’ alta, vista l’età del giocatore. Quantomeno è una somma elevata se rapportata alla più giovane età di Pogba. Mentre l’immagine generale è che Pogba è stato superpagato.
Poi i fatti del calcio o le vicende personali di questi uomini potrebbero anche dimostrare il contrario.
Se Higuain dovesse avere una carriera di bomber longeva e vincente, come quella per esempio di Zlatan Ibrahimovic (classe 1981, svenduto dalla Juventus nell’estate 2006, sotto la regia di John Elkann, dopo le vicende di Calciopoli), ora purtroppo fermo per un grave infortunio, il discorso sul costo andrebbe rivisto. O se Pogba dovesse tradire le attese. Ma simili discorsi non fanno parte della nostra analisi.
Sia chiaro, qui non si vuole azzardare una previsione sul futuro sportivo. Ci si limita a osservare che il prezzo pagato per un giocatore, oltre alle doti tecniche e al carattere, deve essere rapportato anche all’età per valuarne la congruità.
Il bilancio della Juventus
Solo a settembre il consiglio di amministrazione della Juventus, dopo quello della controllante Exor, esaminerà i conti della stagione terminata al 30 giugno scorso. Quella dei 115 milioni di plusvalenze per le vendite nel calciomercato dell’estate 2016 (Pogba e Morata), cui si aggiungono quelle ottenute negli utlimi mesi con il riscatto di Zaza e Coman.
E’ un errore considerare queste somme come se facessero parte del fatturato, come molti nell’ambiente sportivo tendono a fare, sostenendo che per l’esercizio terminato il 30 giugno 2017 il fatturato della Vecchia Signora dovrebbe aver superato i 500 milioni. Ma calcolare queste somme nei ricavi sarebbe come taroccare i dati, un modo di gonfiare le cifre sul fatturato.
Sarebbe un’operazione al limite del falso in bilancio. Le plusvalenze incidono ovviamente sul risultato netto finale, ma sono proventi staordinari, estranei alla gestione ordinaria, pertanto non si possono considerare tra i ricavi. Così dicono anche i criteri contabili internazionali, applicati tra gli altri da due società autorevoli, come Deloitte e Kpmg, nei loro studi internazionali sul calcio.
La Juventus per diversi anni, anche nella presentazione del bilancio al 30 giugno 2016, ha dichiarato tra i ricavi anche le plusvalenze da calciomercato.
Ci sembra che negli ultimi mesi il presidente Agnelli abbia avuto un atteggiamento diverso, più in linea con la prassi internazionale. In una recente intervista a Tuttosport Agnelli ha puntualizzato che per la scorsa stagione il fatturato dovrebbe essere sui 400 milioni, evitando di gonfiare i ricavi con le plusvalenze.
Sarebbe comunque un fatturato record, grazie agli incassi della Champions League e ad alcuni nuovi contratti commerciali, con un buon incremento rispetto ai 341,5 milioni dell’esercizio precedente, che si è chiuso con 4 milioni di utile netto.
Per la stagione appena conclusa è confermato l’utile, molto più robusto rispetto al 2016, non si conosce la cifra. Banca Imi, in uno studio del 29 maggio, ha stimato un utile di 21,5 milioni dopo le tasse. La cifra non è confermata dalla Juventus, l’utile potrebbe essere anche più alto.
La banca d’affari del gruppo Intesa Sanpaolo ha però indicato un fatturato di 540 milioni. Questo è un errore, perché ha ceduto alla moda degli “sportivi” di enfatizzare le cifre e includere le plusvalenze nei ricavi del club. Sorprende che una banca si lasci andare a queste tendenze un po’ superficiali.
Vediamo le previsioni per la stagione che chiuderà al 30 giugno 2018, appena cominciata. I costi della Juventus sono strutturalmente superiori ai ricavi, questo è tipico dei grandi club almeno in Italia, pertanto senza plusvalenze da calciomercato i conti saranno in rosso.
La stessa Banca Imi prevede per questo esercizio ricavi per 381,7 milioni, a quanto pare senza includervi plusvalenze. Ovviamente la cifra esatta dipenderà dal cammino della squadra in Champions League.
In genere il club mette a budget di arrivare almeno ai quarti di finale in Europa. Quanto al risultato finale, Banca Imi stima per queso esercizio una perdita netta di 37,47 milioni.
Fonti autorevoli confermano che il club prevede un risultato negativo quest’anno, salvo plusvalenze da calciomercato. La perdita potrebbe essere più alta o più bassa, secondo l’evoluzione dei ricavi, quelli veri, come i diritti tv e da Champions League, che sono la fonte principale degli incassi.
Insomma, se non si vendono pezzi importanti il bilancio 2017-2018 chiuderà in rosso. Un bilancio in perdita, dopo tre consecutivi in utile, non sarebbe una tragedia, anche ai fini del fair play finanziario Uefa.
Quindi non ci sarebbero vendite obbligatorie preordinate a tavolino, né operazioni che debbano essere fatte per forza dall’amministratore delegato e direttore generale area sport, Giuseppe Marotta, il quale ha mostrato in questi anni di sapersi muovere bene sul mercato.
Tuttavia, se capitassero opportunità o imprevisti, la Juventus potrebbe essere spinta a coglierle anche per l’impatto positivo che le plusvalenze avrebbero sui conti.
C’è stata la voce di un’offerta del Chelsea per Alex Sandro, al momento la situazione per questo giocatore sembrerebbe calma.
Bonucci secondo la società non era in vendita, nella prima metà della scorsa stagione la Juventus gli ha allungato il contratto fino al 30 giugno 2021. Poi però ha prolungato quello di Allegri fino al 30 giugno 2020. Forse troppo per il difensore viterbese.
Nei libri contabili della Juventus Bonucci è iscritto a un costo storico a fine 2016 di 15,2 milioni, un costo in gran parte già ammortizzato per 12,4 milioni. Pertanto nella relazione semestrale della Juventus a fine 2016 il costo residuo di Bonucci era pari a 2,8 milioni. Considerando anche l’ammortamento dell’ultimo semestre, nel bilancio al 30 giugno 2017 Bonucci dovrebbe essere iscritto a un costo residuo di circa 2,18 milioni.
Se verrà ceduto, come sembra ormai certo, quasi tutto il prezzo che la squadra incasserà formerà una plusvalenza.
Il prezzo è giusto?
Si è parlato di una valutazione di almeno 40 milioni in contanti per Bonucci al Milan. Cifra non ufficiale, che potrebbe essere lontana dal vero.
Se questa fosse la somma, non sembra elevata per l’età e le caapcità del giocatore (30 anni). Sarebbe anche molto inferiore alle voci circolate un anno fa, di un’offerta del Chelsea di 60-70 milioni per Bonucci, che fu respinta da Torino.
Poi ci sarebbero i costi da pagare al procuratore, Alessandro Lucci. Non dovrebbe essere esoso come Raiola, che si è tenuto più del 25% del prezzo di Pogba.
Vendere i campioni non è comunque un buona mossa per il futuro sportivo della squadra. E i risultati della Juventus degli ultimi anni hanno dimostrato che ai risultati sportivi positivi si accompagnano incrementi dei ricavi e miglioramenti dei bilanci.
Sarà per questo che in Borsa le azioni della Juventus sono in forte ribasso, intorno alle 16 perdono il 3,54% a 0,559 euro.