Il “compagno” Calenda/2 – La politica

Chi è veramente Carlo Calenda, la figura che sta emergendo nella crisi del Pd?

Nell’articolo precedente ho raccontato la carriera di dirigente d’azienda, lanciato da Luca Cordero di Montezemolo. Qui parliamo della sua attività politica.

Italia Futura

Già iscritto alla Fgci quando era un ragazzo, Calenda comincia a occuparsi direttamente di politica nel 2012, è il coordinatore politico di Italia Futura, l’associazione con la quale Montezemolo pensa di entrare in politica. Insieme all’economista Nicola Rossi e allo storico Andrea Romano, Calenda è il promotore di “Cantiere Italia 2013”.

In un articolo pubblicato il 17 marzo 2012 le tre teste pensanti di Italia Futura sostengono che, in vista delle elezioni del 2013, è indispensabile “aprire un cantiere per la costruzione di un fronte liberale e democratico intorno a pochi e chiari obiettivi che abbiano la finalità fondamentale di rimettere a posto il nostro paese su un percorso di crescita e di benessere”.

Scelta civica. L’ex premier Mario Monti

Bocciato dagli elettori

Dopo aver oscillato tra tanti “vado” e “non vado”, Montezemolo si tira indietro. Non si candida alle politiche. Italia Futura confluisce nella formazione Scelta civica di Mario Monti ed è con questa formazione che Calenda si candida alle elezioni. Il manager pariolino non viene eletto. Però la strada verso la politica è spianata.

Il 2 maggio 2013 Calenda entra nel governo di Enrico Letta, come viceministro allo Sviluppo economico. L’anno successivo Matteo Renzi lo conferma.

Promozione. Matteo Renzi e Paolo Gentiloni

Il commissario a Bagnoli

Per l’irrequieto Calenda si aprono continue sfide professionali. Dove c’è un problema, si pensa a lui. A fine 2014 a Napoli scoppia la grana della bonifica dell’ex area siderurgica di Bagnoli. Il governo Renzi decide di nominare un commissario, si apre un contrasto con il sindaco, Luigi De Magistris. Si aspettano le elezioni regionali.

Nel giugno 2015 il governo individua il candidato commissario per Bagnoli, è Calenda, “curriculum da dirigente d’azienda e rapporti internazionali di altissimo livello”, scrive Il Mattino, quotidiano di proprietà del costruttore Francesco Gaetano Caltagirone. Tra i sostenitori di Calenda commissario c’è Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e Trasporti.

Il viceministro dello Sviluppo lascia che il suo nome circoli per diverse settimane, anche lui alla morettiana maniera (“mi si nota di più se ci sono o se non ci sono?”), come aveva fatto Montezemolo prima di rinunciare alla candidatura alle elezioni. Alla fine Calenda non dà la disponibilità all’incarico e il governo, dopo aver perso tre mesi, deve scegliere un altro commissario per Bagnoli.

Bonifica in ritardo. L’area ex Italsider di Bagnoli

Ambasciatore con la scorciatoia

Questo rifiuto non reca pregiudizio a Calenda. Anzi. Pochi mesi dopo Renzi pensa a lui per migliorare i difficili rapporti tra l’Italia e l’Unione europea. Nel marzo 2016 il governo Renzi lo nomina ambasciatore presso l’Unione europea a Bruxelles. Una mossa con pochissimi precedenti che provoca la protesta di 200 “feluche”. Scrivono una lettera al presidente della Repubblica, per lo strappo alla regola che rende obbligatorio un concorso per entrare nella carriera diplomatica.

Calenda non si trasferisce in pianta stabile a Bruxelles. Fa il pendolare con Roma, dove si ferma anche qualche giorno durante la settimana. Per essere più vicino ai dossier industriali, dice la stampa che lo osanna, per esempio Repubblica. Ma così resta più vicino anche al suo mondo ai Parioli e alla politica.

La promozione a ministro

L’esperienza da ambasciatore dura poco. Il 10 maggio 2016 Calenda viene promosso ministro dello Sviluppo economico nel governo Renzi, dopo le dimissioni di Federica Guidi, indebolita dall’inchiesta giudiziaria (ma non è indagata) sul filone siciliano del petrolio lucano, nella quale è coinvolto il suo compagno Gianluca Gemelli.

Dopo soli 60 giorni a Bruxelles il superambasciatore che doveva fare sfracelli nell’interesse dell’Italia viene richiamato a Roma. Una figuraccia con l’Unione europea. Di come migliorare i rapporti tra l’Italia e la Ue nessuno parla più. Al centro della scena non c’è l’Italia, ma c’è Calenda. Il manager dei Parioli è sistemato su una nuova poltrona.

Renzi gli dice: “non capisci la politica”

Calenda ha una passione per la politica. Nel 2015 lascia Scelta civica. Ma non entra nel Pd. Ha raccontato ai giornalisti, durante uno dei tanti viaggi all’estero, che Renzi gli diceva: “E’ meglio che ti occupi di cose tecniche. Non parlarmi di politica perché non è roba per te”.

Calenda verrà poi confermato ministro nel governo di Paolo Gentiloni. Di Renzi dice, in un’intervista a Stefania Rossini dell’Espresso (17 dicembre 2017): “Io vivo di realismo, lui di messaggi motivazionali. E in quanto al confronto, se gli dice che sta facendo un errore, entri subito nella categoria dei nemici. Per me fare politica è lavorare insieme, sennò faccio il manager, almeno mi arricchisco“.

Dalla Confindustria all’Eni. Emma Marcegaglia

Entusiasta del Trattato di libero scambio

Calenda è un entusiasta del Ttip, il controverso trattato transatlantico sul libero scambio che dal 2013 gli Stati Uniti vogliono imporre all’Europa. Germania e Francia hanno sempre avuto perplessità contro quello che considerano un atto unilaterale. Nell’agosto 2016 il Ttip è stato bocciato dagli europei. Il trattato piaceva molto alle grandi imprese, alle multinazionali, non solo americane.

Ne era entusiasta la presidente dell’Eni ed ex presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, secondo la quale il trattato reca dei vantaggi “per le nostre piccole e medie imprese”. Con il Ttip le multinazionali avrebbero eroso pezzi di sovranità agli Stati.

Quanto guadagna

Il reddito dichiarato da Calenda, secondo la dichiarazione patrimoniale pubblicata sul sito del ministero, è pari a 102.058 euro lordi per l’anno 2015 ed è salito a 167.813 euro lordi per l’anno 2016. Pochi giorni fa Calenda si è iscritto al Pd. Ha pagato la tessera mille euro, la “quota” da ministro.

Gli incroci con il gas…

La rivista Altreconomia, in un articolo di Duccio Facchini, il 20 dicembre 2017 ha rivelato che il ministro Calenda è tra gli azionisti (con lo 0,1%) della B4 Holding – Società di investimento a capitale fisso (Sicaf) Spa. Questa società – come confermato dall’interessato ad Altreconomia – “ha come obiettivo l’investimento nelle piccole e medie imprese italiane operanti in tutti i settori industriali”. Tra questi, però, c’è anche il gas, un settore che rientra nelle competenze del ministro dello Sviluppo.
Calenda ha detto ad Altreconomia che non ci sono conflitti d’interesse, dal momento che “non detiene alcun potere e non svolge alcun ruolo né nelle decisioni di investimento né nella gestione delle partecipazioni della Sicaf”.

… e Alitalia

Altreconomia ha rivelato che nella “B4 Holding” c’è anche un incrocio che porta ad Alitalia, un altro dossier caldo sul tavolo di Calenda, che purtroppo però, come molti altri, finora non ha fatto progressi. Nel consiglio di amministrazione di “B4” sedeva il professor Enrico Laghi. Lo stesso che il 2 maggio 2017 è stato nominato da Calenda commissario di Alitalia, insieme a Luigi Gubitosi e Stefano Paleari. Da una visura Cerved risulta che Laghi si è dimesso dalla “B4 Holding” il 20 maggio 2017, dopo la nomina a commissario di Alitalia.

“Il ministro non ha mai conosciuto né direttamente né indirettamente il prof. Laghi prima di assumere l’incarico”, hanno fatto sapere dal ministero ad Altreconomia. Laghi era già commissario dell’Ilva e Calenda dice di averlo incontrato per questo suo ruolo. Sarà, ma questo incrocio per un uomo che si sente “investito di una missione politica”, come ha detto all’Espresso, avrebbe potuto essere evitato.

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