Il caso Mazzoncini è approdato al consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato. In gran segreto, ieri il cda delle Fs ha esaminato la posizione dell’amministratore delegato, Renato Mazzoncini, in seguito al rinvio a giudizio per truffa deciso l’11 giugno dal gup di Perugia per una vicenda legata a 6 milioni di contributi statali all’ex Umbria Mobilità, azienda regionale di trasporto via bus che è stata assorbita da Busitalia del gruppo Fs.
Come riferito da Poteri Deboli l’11 giugno (“Mazzoncini a processo, vacilla la poltrona Fs”), il manager renziano rischia di decadere dall’incarico non perché un rinvio a giudizio significhi colpevolezza, ma per via della “clausola etica” contenuta nello statuto della società.
La direttiva Saccomanni
La clausola fu voluta durante il governo Letta, con la direttiva Saccomanni dell’allora ministro dell’Economia, per riabilitare l’immagine delle grandi società pubbliche dopo l’arresto con l’accusa di corruzione internazionale dell’allora numero di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, avvenuto nel febbraio 2013. Orsi è passato attraverso vari processi ed è stato assolto con sentenza definitiva l’8 gennaio di quest’anno.
Sponsor. Matteo Renzi
L’accusa: ricavi gonfiati
Nell’indagine giudiziaria a Perugia oltre a Mazzoncini sono stati rinviati a giudizio due ex vertici di Umbria Mobilità e una dipendente della società. Gli imputati _ che si dichiarano innocenti _ sono accusati di aver falsificato, gonfiandoli, i dati sui ricavi da traffico di Umbria Mobilità comunicati all’Osservatorio del trasporto pubblico locale del ministero dei Trasporti, per ottenere contributi pubblici per circa 6 milioni di euro. All’epoca Mazzoncini guidava Busitalia Sita Nord, la controllata delle Fs dalla quale, grazie all’appoggio di Matteo Renzi, nel 2015 ha spiccato il salto verso il vertice delle Fs. Il processo comincerà il 22 gennaio 2019.
Il cda “assolve” Mazzoncini
Il cda delle Fs, presieduto da Gioia Ghezzi, altra renziana, ha verificato la comunicazione di Mazzoncini e la vicenda giudiziaria, anche con la scorta di pareri legali. Il cda ha respinto l’ipotesi che il manager debba considerarsi decaduto. Il cda ha deliberato che, sia perché l’accusa è giudicata non grave sia per la necessità di evitare un danno alle Fs con un vuoto al vertice, Mazzoncini debba rimanere in carica.
La questione è molto delicata. Non basta questa decisione del cda, adesso occorre che sia l’assemblea degli azionisti a pronunciarsi. Entro 60 giorni l’assemblea dovrà riunirsi e confermare la permanenza in carica del manager, altrimenti Mazzoncini sarà considerato decaduto senza giusta causa, cioè non avrà diritto al risarcimento dei danni né alla buonuscita.
Azionista. Giovanni Tria, ministro dell’Economia
Devono pronunciarsi Mef e Mit
Dunque adesso è il governo “del cambiamento” che deve pronunciarsi. Matteo Salvini e Luigi Di Maio dovranno dire se confermano la fiducia a un manager espresso dal loro avversario politico, Matteo Renzi.
Nella forma la decisione spetta al ministero dell’Economia guidato da Giovanni Tria che esercita i diritti di azionista (al 100%) insieme al ministero vigilante, i Trasporti, guidato dal pentastellato Danilo Toninelli. I due ministeri dovrebbero fornire a breve un’indicazione alle Fs.
Ma, da quanto riferisce una fonte autorevole, tra i due ministeri al momento non ci sono rapporti. L’assemblea delle Fs dovrebbe riunirsi entro il 13 agosto, la data però non è stata fissata. Si attende che si completi la consultazione con i due ministeri.
Che poteri ha Mazzoncini?
Nel frattempo Mazzoncini in che situazione si trova? E’ l’a.d. delle Fs, ma dalla riunione del cda non è emerso con chiarezza cosa possa fare esattamente. Mazzoncini vive in una situazione di imbarazzo, non si può dire che sia nella pienezza dei poteri da un punto di vista sostanziale, è come se fosse in un limbo. Il manager peraltro ha anche la carica di direttore generale.
Vigilanza. Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti