La partita delle nomine non è ancora completamente chiusa, malgrado l’accordo politico sulle caselle chiave raggiunto venerdì 17 aprile in una caotica videoriunione di maggioranza. Dopo l’incontro fonti governative hanno fatto sapere quali sono i candidati concordati per le cariche di a.d. e presidente per le sette sorelle del Mef, le sette società che hanno i vertici in scadenza: Eni (a.d. Claudio Descalzi, presidente Lucia Calvosa), Leonardo (a.d. Alessandro Profumo, p Luciano Carta), Enel (a.d. Francesco Starace, p Michele Crisostomo), Poste (a.d. Matteo Del Fante, p Maria Bianca Farina, che a sorpresa verrebbe confermata, salvo imprevisti), Terna (a.d. Stefano Donnarumma, p Valentina Bosetti), Enav (a.d. Paolo Simioni, p Francesca Isgrò), Banca Mps (a.d. Guido Bastianini, p Patrizia Grieco).
Le liste non ci sono
Ma le liste dei candidati che dovranno essere eletti nei cda dalle prossime assemblee non sono state pubblicate dal Mef, l’azionista di controllo delle società dello Stato. Come mai? Evidentemente è ancora necessaria una messa a punto, soprattutto per le caselle di semplici consiglieri di amministrazione senza deleghe, posti che di solito vengono spartiti tra i partiti di maggioranza. In totale ci sono più di 40 poltrone da occupare. Anche i renziani reclamano posti.
Premier. Giuseppe Conte
Contrasti non appianati
Ma ci sarebbe anche qualche contrasto non appianato sulle caselle di vertice, benché appaia difficile che il governo perda la faccia e cambi le designazioni informali già concordate, che hanno visto una netta prevalenza del Pd, che ha ottenuto la conferma degli a.d. delle quattro società più importanti (Descalzi, Profumo, Starace, Del Fante) e almeno quattro presidenze.
Dal governo si invoca la necessità di alcuni passaggi tecnici da completare, un comitato della Cdp che potrebbe riunirsi domenica per le designazioni nelle società in cui la Cdp ha una partecipazione (Eni, Terna, Poste). Ma perché non si è riunito prima? Alcuni dicono che lunedì mattina ci potrebbe essere un passaggio al Consiglio dei ministri, sarebbe un’anomalia perché non è mai successo.
La conferma di Descalzi e il M5S
Vero è che le scelte politiche hanno lasciato pesanti strascichi. All’interno del M5S ad esempio ci sono contrasti per la resa alla conferma di Descalzi, nonostante il fardello di indagini giudiziarie a suo carico. Ma non è l’unico caso su cui si discute ancora.
Il caso De Gennaro
C’è l’esclusione di Gianni De Gennaro, rimasto senza una poltrona dopo sette anni alla presidenza dell’ex Finmeccanica, mentre il Pd ha difeso Alessandro Profumo dalle richieste del M5S, fatte senza molta convinzione, di sostituirlo con Giuseppe Giordo. Ci raccontano dell‘irritazione dell’a.d. di Terna, Luigi Ferraris, che non si aspettava l’esclusione dopo i risultati ottenuti.
Con Descalzi quotazione Eni più che dimezzata
Ma non risulta che nella riunione di maggioranza siano stati passati in rassegna i risultati. Non risulta che qualcuno, neppure al Mef, si sia chiesto come mai le azioni dell’Eni, che oggi valgono 8,587 euro, hanno perso più della metà del valore rispetto al giorno in cui Descalzi fu ufficialmente candidato alla guida dell’Eni per la prima volta, il 14 aprile 2014: quel giorno valevano 18,46 euro. Il calo è stato del 54 per cent Anche le azioni di Leonardo sono crollate, già prima dell’effetto Coronavirus. Invece le azioni Enel, Terna, Poste ed Enav sono salite da quando gli attuali manager si sono insediati.
Past president. Emma Marcegaglia
Analisi dei risultati
Il giudizio non si può dare solo sulla Borsa, che tuttavia è un metro di valutazione. Per l’Eni ha pesato la crisi del prezzo del petrolio e del gas. Ma il punto è che un’analisi seria e approfondita dei risultati (che non sono solo quelli sbandierati dai capiazienda) non è stata fatta prima di decidere le nomine. Non ci riferiamo solo all’Eni ma anche ad altri gruppi sotto nomina. Potremmo sbagliarci, ma allora che sia il governo a dimostrare che l’analisi è stata fatta.
I nomi del Mef il 20 aprile
Mentre il Mef ritarda la presentazione delle liste dei suoi candidati fino a lunedì 20 aprile _ e sarà fuori tempo perché i 25 giorni richiesti prima delle assemblee di Eni e Leonardo, convocate per il 13 maggio, scadono oggi, 18 aprile _ i fondi d’investimento azionisti dell’Eni con l’1,3% del capitale hanno già depositato ieri sera la lista con i loro tre candidati.
I candidati dei fondi
La prima candidata dei fondi è Karina Litvack, già componente del cda Eni scontratasi con Descalzi e con la presidente Emma Marcegaglia per le questioni calde che riguardano il gruppo (compresa la vicenda che portò alle dimissioni di Luigi Zingales, che insisteva perché fosse fatta chiarezza sugli affari dell’Eni in Africa e sulla presunta tangente da un miliardo e 92 milioni di dollari che sarebbe stata pagata a mediatori in Nigeria ai tempi in cui l’a.d. era Paolo Scaroni, oggi presidente del Milan).
Consigliere. Karina Litvack
Litvack e Zingales
Litvack fu sospesa dal cda e dal comitato di controllo Eni dal vertice del gruppo per un anno, in relazione all’indagine della Procura di Siracusa sul cosiddetto “complotto ai danni dei vertici Eni”. Tutto questo si è poi rivelato, secondo indagini della magistratura, un tentativo di depistaggio che, ipotizzano i magistrati, sarebbe partito dal vertice Eni. Le accuse rivolte sia a Litwack sia a Zingales sono state archiviate e l’indagine si è trasformata in un’inchiesta per calunnia ai loro danni.
Il secondo candidato dei fondi è Pietro Guindani, ex manager Vodafone e attuale consigliere, il terzo è Raphael Louis Vermeir. Per il collegio sindacale i fondi canddiano Rosalba Casiraghi e Enrico Maria Bignami.
Leonardo e M5S. I vertici con Luigi Di Maio
Disprezzo delle regole
La puntualità dei fondi nel rispettare la scadenza di legge (le norme del Tuf) per la presentazione dei candidati al cda contrasta con il sostanziale disprezzo delle regole da parte del Mef, che ritarda la pubblicazione ufficiale fino a lunedì 20. La motivazione, scritta dagli avvocati negli avvisi agli azionisti di Eni e Leonardo, è che essendo il 18 aprile sabato si vuole “agevolare gli azionisti” rimandando a lunedì. Ma quali azionisti? Solo il Mef, a quanto pare. E la legge non dice che se un termine scade il sabato è spostato al lunedì, questa regola vale solo per i giorni festivi.
Il comitato Colao
Rispettare queste semplici regole sui termini sarebbe un elementare, ma doveroso, esempio di civiltà. Per farlo, non c’è bisogno né dei consigli di un comitato come quello per la “Fase 2” presieduto dal turbomanager Vittorio Colao, né dei 450 esperti come quelli messi in campo dal governo di Giuseppe Conte per l’epidemia Coronavirus. Basta volerlo.