Alle Ferrovie dello Stato c’è un presidente che vota contro le indicazioni del proprio azionista, il ministero dell’Economia. E’ Gianluigi Castelli (nella foto in apertura), fisico, esperto di informatica, nato nel 1954. Nel 2016 è stato assunto in Fs con l’incarico di Direttore centrale Innovazione e Sistemi informativi e il 30 luglio 2018, in pieno governo gialloverde, è stato nominato presidente del gruppo. In quota Lega, si disse.
Le nomine di Trenitalia e Rfi
Il fatto è avvenuto il 7 dicembre, Sant’Ambrogio. Una riunione delicata del consiglio di amministrazione di Fs convocata per le nomine in Trenitalia e Rfi. Il no di Castelli è stato determinante per la bocciatura dei nomi proposti in consiglio dall’amministratore delegato di Fs, Gianfranco Battisti. A quanto apprende Poteri Deboli, nomine concordate e in parte indicate direttamente dallo stesso azionista unico di Fs, il Mef. Battisti è stato messo in minoranza, il consiglio è finito 4-3, come la partita di calcio Italia-Germania nei mondiali del 1970.
La guida di Ferrovie. Gianfranco Battisti
Da Spoto a Ferro, i candidati scartati
Che nomi ha proposto Battisti? Prima di vederli, facciamo un passo indietro. Il mandato triennale dei consigli di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana è scaduto durante l’estate. Dopo mesi di discussioni, con pressioni politiche su vari candidati (il viceministro del M5S Stefano Buffagni ha insistito perché alla guida di Trenitalia venisse nominato Emanuele Spoto, 33 anni, laureato in architettura, dall’aprile 2018 a.d. di Telsy, piccola società tecnologica del gruppo Telecom, poi sempre dal M5S è stato candidato il savonese Carlo Ferro, presidente dell’Ice), Battisti aveva finalmente “trovato la quadra”, come si suol dire, insieme al Mef.
I nomi sul tavolo
Così l’a.d. di Fs ha presentato al cda i dieci candidati per le due società, cinque per ogni cda. Nomi selezionati e vagliati con la solita liturgia dei cacciatori di teste e con il necessario passaggio al piano superiore, al ministero di via XX Settembre. Per Trenitalia la proposta era di nominare presidente Michele Pompeo Meta, già deputato del Pd e presidente della commissione Trasporti della Camera, indubbiamente un nome targato politicamente. Il candidato prescelto come nuovo a.d. è Luigi Corradi, 54 anni, fino a un anno fa a.d. di Bombardier Transportation Italy e responsabile mondiale della costruzione di treni a doppio piano. Per la società della rete Battisti ha proposto come nuovo a.d. Vera Fiorani, attuale Cfo della stessa società. Un raro caso di una donna promossa non a fare solo il presidente di campanello (come le famose quote rosa di Matteo Renzi nel 2014 alle presidenze di Eni, Enel, Terna e Poste) ma a gestire le leve operative dell’azienda. Alla presidenza di Rfi è stato proposto un professore universitario, di area M5S.
Italia viva. Matteo Renzi
Il sì del comitato nomine
Queste proposte avevano ottenuto venerdì scorso l’approvazione del comitato nomine, organo consultivo internoal cda di Fs, presieduto da Vanda Ternau, camaleontica consigliera di lungo corso. Da Trieste Ternau è entrata nel gruppo il 5 agosto 2010, nel cda di Rfi, quando il leghista Roberto Castelli era viceministro delle Infrastrutture. Ed è riuscita sempre a destreggiarsi con le varie maggioranze politiche, anche con Renzi, per rimanere nel consiglio. Dopo quattro anni nel cda di Rfi è entrata nel cda di Fs il 28 maggio 2014 (governo Renzi) ed è stata sempre confermata. Tra il 2015 e il 2018 ha fatto parte anche nel cda di Mediaset.
I voti nel consiglio
Nella riunione del cda in videoconferenza del 7 dicembre ci sono stati 4 voti contrari. Quello dei due consiglieri diretta espressione della Lega, i lombardi Flavio Nogara e Andrea Mentasti, da mettere in conto visto che nelle nomine c’è l’influenza della politica e la Lega è all’opposizione. Ma gli altri due “no” sono inaspettati. Uno è del presidente Castelli e l’altro della consigliera Ternau. Che prima aveva approvato le candidature nel comitato nomine di venerdì e poi le ha bocciate nel cda di lunedì. A quanto trapela, non è stata data una motivazione del voto. I tre voti a favore sono Battisti e le due consigliere Cristina Pronello e Francesca Moraci.
L’anomalia del voto del presidente Castelli
Adesso c’è uno stallo che andrà affrontato anche con il governo, con il Mef in particolare. Il voto contrario di Castelli, nominato presidente di Fs dal Mef, potrebbe porre anche un problema di compatibilità della carica, benché non vi sia un vincolo di mandato. Quanto alla consigliera Ternau, dovrebbe innanzitutto chiarire a se stessa se è favorevole o contraria a queste canddiature, visto il passaggio dal sì al no.
Ex ad. Renato Mazzoncini
I soldi del Recovery Fund e le nomine Fs
E’ chiaro che le nomine sono un pretesto. Questa situazione, senza precedenti, si inquadra nelle manovre politiche sul comando sulle Ferrovie, sia per la gestione delle decine di miliardi di investimenti che arriveranno con il Next Generation Eu, il Recovery Fund, nel quale sonio previsti circa 28 miliardi per le infrastrutture, sia per il controllo di un grande gruppo il cui vertice è in scadenza a luglio dell’anno prossimo.
L’assalto dei renziani
Sulle Ferrovie c’è l’assalto dei renziani. Vorrebbero riappropriarsi della poltrona di a.d. da cui è stato disarcionato il bresciano Renato Mazzoncini nel 2019. Cacciato perché rinviato a giudizio per truffa a Perugia nel giugno 2018. Secondo il pm Manuela Comodi avrebbe falsificato i dati di traffico in base ai quali sono stati concessi contributi pubblici per poco meno di sei milioni di euro. All’epoca dei fatti Mazzoncini guidava Busitalia Sita Nord. Secondo la clausola etica inserita dal Mef nello statuto di Fs, basta un rinvio a giudizio per reati finanziari e un amministratore decade, a meno che l’assemblea dei soci non lo confermi. Sull’applicazione della clausola Mazzoncini aveva ingaggiato un braccio di ferro con il Mef, ma il cda è decaduto per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri, tra cui Ternau. La stessa clausola non è stata inserita nello statuto delle quotate Leonardo ed Eni.
Premier. Giuseppe Conte
La posizione di Mazzoncini
Lo stesso Mazzoncini, che il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, ha fatto nominare in maggio a.d. di A2A (municipalizzata dell’energia controllata dai Comuni di Milano e Brescia), continua ad essere molto attento a quello che succede dentro le Fs e, probabilmente, spera di poterci tornare. Dal mondo politico una dichiarazione di critica a Battisti per la bocciatura delle nomine è arrivata dal senatore di Forza Italia Adriano Paroli che, guarda caso, è di Brescia.
La partita di Castelli
Il presidente Castelli gioca una partita personale. A parte la cooptazione in quota Lega per la nomina due anni fa (“mi hanno cercato…”, va dicendo), è un fatto che è stato assunto in Fs come direttore centrale Sistemi informativi nel 2016, quando l’a.d. era Mazzoncini, nominato nel dicembre 2015. E con i cambiamenti fatti da Battisti, l’influenza di Castelli sull’area informatica è stata ridimensionata.