Superman deve lasciare il ministero dell’Economia. Al primo posto nell’agenda delle nomine pubbliche del governo di Giorgia Meloni c’è la sostituzione del “signore delle nomine”, il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera. Fu insediato il 2 agosto 2018 dal ministro dell’Economia del governo giallo-verde, Giovanni Tria.
Rivera con le banche
Era al Mef da 18 anni, a capo della Direzione sistema bancario e finanziario. Quando era ministro Giulio Tremonti, Rivera ha guidato la squadra che ha disciplinato i “Tremonti bond”, obbligazioni salva-banche sottoscritte dallo Stato. Il “Financial Times” definì Rivera “uno dei superman” del Tesoro. Il suo potere è decollato nel settembre 2019, quando nel governo Conte-bis è entrato il Pd. FdI e Lega rimproverano a Rivera di essersi troppo sbilanciato verso il Pd nelle grandi nomine pubbliche. Viene criticato anche per la gestione di dossier come Ita Airways, l’acquisto di Autostrade fatto da Cdp dai Benetton per 8,2 miliardi di euro, il disastro di Banca Mps, appena salvata ancora una volta con una ricapitalizzazione in cui il grosso dei soldi li ha messi lo Stato (1,6 miliardi su un totale di 2,5 miliardi: ma una parte dei soldi, 125 milioni, verranno girati come commissioni alle banche garanti, che hanno dovuto assorbire l’inoptato, 93 milioni).
Un fratello nel Pd
Rivera è nato all’Aquila nel 1970. Ha un fratello di un anno più piccolo, Vincenzo, che è stato consigliere comunale del Pd nel capoluogo abruzzese e capo di gabinetto quando il presidente della Regione era Ottaviano Del Turco. Vincenzo è diventato direttore generale della Regione Abruzzo, dal 2019 è direttore dell’Usr, l’ufficio speciale per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto nel Centro Italia del 2016 e 2017.
Un piede fuori da via XX Settembre
Un terremoto colpisce anche via XX Settembre. Alessandro Rivera ha già un piede fuori dal ministero guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti. Il governo ha 100 giorni (12 sono già trascorsi) per decidere la sostituzione con le regole dello spoil system. Giorgetti e Meloni non hanno ancora scelto chi mettere al posto di Rivera, perché, racconta una fonte, “non hanno molti nomi e quelli che girano non hanno tutti i requisiti per quella posizione”.
Presidente. Giorgia Meloni
La mappa delle scadenze
Con molta probabilità sarà un nuovo dirigente a guidare le operazioni per la ricca campagna nomine che verrà fatta dal governo nel 2023 nelle assemblee di approvazione dei bilanci, tra aprile e giugno. Sono in scadenza i cda e i vertici operativi delle società più importanti, Eni, Enel, Leonardo, Terna, Poste, Enav, Banca Mps, per citare le quotate. E, tra le altre, anche le grandi società operative delle Ferrovie dello Stato, come Rfi e Trenitalia, la centrale per gli acquisti dello Stato, Consip. In scadenza anche la Consap, buen retiro del presidente Mauro Masi, l’ex d.g. Rai voluto da Berlusconi che nel gennaio 2011 si scontrò in diretta con Michele Santoro sul caso Ruby, telefonando in diretta ad Annozero per “dissociarsi” dalla trasmissione, e il Mediocredito Centrale, guidato da Bernardo Mattarella, che da luglio è anche a.d. di Invitalia. Nessuno, né da sinistra né da destra, gli ha contestato il doppio incarico. Del resto, chi ha il coraggio di muovere critiche di questo tipo al nipote del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella?
Fondazione Milano-Cortina
E’ imminente una nomina che avrà un’importanza strategica per l’immagine dell’Italia, il nuovo a.d. della Fondazione Milano-Cortina 2026. I lavori per le opere e gli impianti sportivi delle prossime olimpiadi invernali sono in forte ritardo, l’Italia rischia una figuraccia in mondovisione. In agosto Mario Draghi ha silurato l’a.d. Vincenzo Novari, ma insieme ai suoi consiglieri non è stato in grado di indicare un successore. Per la carica si era proposto anche Paolo Scaroni, manager navigatissimo assurto a boiardo di Stato grazie a Silvio Berlusconi, che da premier lo nominò all’Enel per tre anni e all’Eni per nove (in quel periodo si accentuò la dipendenza dell’Italia dal gas russo). Sarà la presidente del Consiglio, Meloni, a decidere l’a.d. della Milano-Cortina, in una rosa ristretta, due-tre candidati, messa a punto da Andrea Abodi, neoministro dello Sport. Nel mazzo c’è anche un “Mister X” autorevole, una carta che potrebbe essere vincente.
Gas e petrolio. Claudio Descalzi con Sergio Mattarella
Descalzi tenta il quarto mandato all’Eni
All’Eni, la società più importante e più ricca d’Italia, che si sta avvantaggiando in maniera perfino esagerata del rialzo dei prezzi del gas e del petrolio che pesano sulle bollette, l’a.d. Claudio Descalzi, ex numero due nella gestione Scaroni, tenta di ottenere il quarto mandato. Nominato per la prima volta dal governo Renzi nel 2014 (il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricevette Scaroni per ufficializzargli la sostituzione), confermato da Gentiloni nel 2017 e dal Conte-bis nel 2020 (la costante nei tre governi è la presenza del Pd), Descalzi potrebbe ottenere una conferma dal governo di destra, soprattutto per mancanza di avversari, mentre fa valere il suo attivismo internazionale per trovare fonti di approvigionamento di gas alternative a Mosca. Un pretendente alla sua poltrona ci sarebbe, è Marco Alverà, pupillo di Scaroni che è grande amico del padre, Alvise, commercialista di Venezia con clienti dai grandi patrimoni. A fine aprile Alverà ha lasciato senza fare resistenza la poltrona di a.d. di Snam, per meglio prepararsi l’anno prossimo a dare l’assalto all’Eni o all’Enel.
Enel tra Starace e Donnarumma
Un discorso simile potrebbe essere fatto per Francesco Starace, a.d. dell’Enel dal 2014, con una carriera parallela a quella di Descalzi. Se Draghi fosse rimasto Starace sembrava spacciato, con Palazzo Chigi c’era stato uno strappo sulle politiche dell’Enel in Russia. Ma con Meloni può giocarsela, anche perché ha tessuto rapporti con la destra con largo anticipo rispetto alla marcia trionfale culminata con le elezioni. Insomma, non è saltato sul carro dei vincitori alla fine, come tentano di fare altri boiardi di peso che, issati sulla poltrona dal Pd, oggi elogiano il “pragmatismo” della destra. Un pretendente accreditato al vertice dell’Enel è Stefano Donnarumma, l’ex a.d. di Acea (scelto dalla giunta Raggi) che nel 2020, spinto dal M5S, è approdato alla guida di Terna. Donnarumma ha un grande atout con FdI, il 29 aprile ha partecipato alla “Conferenza programmatica” organizzata da Meloni a Milano. Se non riuscirà ad andare all’Enel, può restare in Terna. Intanto Starace il 15 ottobre ha fatto partire una generosa campagna pubblicitaria per celebrare i 60 anni dell’Enel, un’iniziativa che può far bene alla ricandidatura. Smentisce di essere interessato all’Enel Flavio Cattaneo, marito di Sabrina Ferilli. Cattaneo arrivò da Milano a Roma nel 2003 per fare il d.g. della Rai, a 39 anni, amico personale di Ignazio La Russa e Paolo Berlusconi. Cattaneo è stato per nove anni a.d. di Terna (2005-2014), oggi è vicepresidente esecutivo di Italo.
Arbitro. Guido Crosetto tra Roberta Pinotti e Caio Mussolini
Cambiamenti in Enav e Poste
Si va verso cambiamenti all’Enav, l’a.d. Paolo Simioni è in quota M5S e non ha sostegno politico. Probabile un cambiamento anche in Poste Italiane. L’a.d. Matteo Del Fante, manager ex Cdp premiato dal governo Renzi nel 2014 con la nomina alla guida di Terna, dal maggio 2017 al vertice di Poste, vicino al M5S nella preparazione della tessera gialla per ottenere il reddito di cittadinanza, potrebbe essere a fine corsa. Si è già procurato un paracadute. Il governo Draghi in estate lo ha nominato presidente di Giubileo 2025, la nuova società creata dal Mef per gli appalti del Giubileo.
Crosetto arbitro per Leonardo
La poltrona più appetita per la quale si profilano cambiamenti è Leonardo, l’ex Finmeccanica. La destra intende sostituire l’a.d., Alessandro Profumo, nominato il 16 maggio 2017 dal governo di Paolo Gentiloni, confermato nel 2020 dal Conte-bis, ancora con il sostegno del Pd e dell’allora ministro del M5S Luigi Di Maio, molto attento alla politica di Leonardo nella fabbrica di aerostrutture di Pomigliano, fanalino di coda nel gruppo per efficienza. Nel cda Di Maio è riuscito a piazzare anche Carmine America, suo ex compagno di classe al liceo. Per la scelta del nuovo vertice di Leonardo Meloni ascolterà soprattutto Guido Crosetto, ministro della Difesa, che conosce bene il settore perché per otto anni è stato presidente dell’Aiad, l’associazione-lobby delle aziende di difesa e aerospazio.
Verso Leonardo. Lorenzo Mariani, a.d. di Mbda Italia
Mariani in pole
Il nome più gettonato per la successione a Profumo è Lorenzo Mariani, a.d. di Mbda Italia e direttore vendite e sviluppo business dell’intero gruppo missilistico europeo, di cui sono soci anche francesi (Airbus) e inglesi (Bae Systems). Mariani ha un ottimo rapporto con Crosetto, conosce l’industria internazionale, ha eccellenti rapporti con i militari, i clienti dell’industria della difesa. Nel settembre 2017 Profumo aveva promosso Mariani direttore commerciale del gruppo Leonardo per dare impulso alle vendite. Nel 2020, una volta confermato al vertice, lo ha destinato a un incarico più periferico, perché nella campagna nomine il nome di Mariani era circolato come un potenziale concorrente. Con la gestione di Mariani la crescita di Mbda Italia è proseguita a un ritmo robusto e le quotazioni del manager oggi sono elevate. Ci sono però anche altri candidati esterni, alcuni già in movimento.
A Pomigliano. Alessandro Profumo con Luigi Di Maio
Le carte di Profumo
Profumo però non è fuori gioco. Potrebbe aspirare al ruolo di presidente non esecutivo di Leonardo, posizione occupata dal generale Luciano Carta, nominato dal M5S, con il quale sono già emersi contrasti. L’ex banchiere potrebbe giocarsi il credito verso Crosetto, il quale nel periodo in cui è stato presidente Aiad _ carica non remunerata _ ha ricevuto compensi importanti dall’ex Finmeccanica, come “senior advisor”, cioè consulente. Inoltre nel 2020 Crosetto è stato nominato, designato dal socio Leonardo (49%), presidente di Orizzonti Sistemi Navali, joint venture con Fincantieri (che ha il 51%). Per la presidenza di Leonardo si potrebbe ricreare una contesa tra Profumo e Giuseppe Bono, l’ex a.d. di Fincantieri sostituito dal governo Draghi in maggio dopo 20 anni. Bono ha rapporti nella destra e potrebbe diventare un candidato a piazza Monte Grappa, dove è stato a.d. fino all’aprile 2002.
Fincantieri sotto osservazione
Non dovrebbe essere toccato il vertice di Fincantieri, rinnovato per tre anni in maggio, anche se all’epoca Crosetto ha criticato la scelta di un manager digiuno del settore, Pierroberto Folgiero (da Maire Tecnimont, che fa impianti industriali), come successore di Bono, ipotizzando una futura richiesta di dimissioni in caso di vittoria elettorale della destra. In ogni caso, Fincantieri è sotto stretta osservazione. Nel nuovo vertice il presidente è il generale Claudio Graziano, già capo di gabinetto di Ignazio La Russa, ora presidente del Senato, quando era ministro della Difesa nel quarto governo Berlusconi. Aspirerebbe a entrare in Fincantieri con una posizione di rilievo Fausto Recchia, ex deputato del Pd (2008-2013) che fino a poche settimane fa è stato consigliere del ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Recchia è a.d. di Difesa Servizi Spa dal 10 luglio 2014, il mandato termina tra circa sei mesi, con l’assemblea che approverà il bilancio 2022, è alla ricerca di ricollocazione. L’approdo di Recchia a Fincantieri non viene escluso da fonti interne, anche se una posizione finora non è stata individuata.
Ferrovie. L’a.d. Luigi Ferraris
Alle Fs scadono Rfi e Trenitalia
Altro cantiere strategico le Ferrovie dello Stato. Il consiglio di amministrazione guidato dall’a.d. Luigi Ferraris è stato nominato dal governo Draghi nel maggio 2021 e scade nel 2024. Pertanto non dovrebbe essere toccato l’anno prossimo. La politica però avrà voce nella scelta dei vertici delle due società operative più importanti del gruppo, Rfi e Trenitalia, perché i due cda scadono nella primavera del 2023. Per Rfi, che guida il polo infrastrutturale del gruppo e gestirà larga parte dei fondi del Pnrr che vanno alle Fs, ci sarebbero però già alcuni candidati interni a prendere il posto di Vera Fiorani, un raro caso di donna a.d. di una grande azienda. Un potenziale candidato è Vincenzo Macello, vicedirettore generale di Rfi da luglio. Macello però è tra gli imputati rinviati a giudizio nel processo, cominciato un anno fa, per l’incidente ferroviario del Pioltello del 25 gennaio 2018 (tre morti e un centinaio di feriti), questo potrebbe ostacolarne la nomina. Un altro pretendente sarebbe il barese Gianpiero Strisciuglio, nominato da Ferraris in maggio a.d. di Mercitalia Logistics, il polo merci. Strisciuglio è legato al Pd pugliese, Vincenzo Boccia e Michele Emiliano. Il nuovo governo di destra non lo aiuta. Se queste candidature salteranno Fiorani potrebbe essere confermata. In Trenitalia invece ci sarà un cambiamento. L’a.d. Luigi Corradi, arrivato su segnalazione del M5S dall’allora sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro, è fuori. Per la successione sono al vaglio alcune ipotesi.
Ita Airways. Fabio Lazzerini e Alfredo Altavilla
Ita cerca un presidente
Il Mef deve affrontare con urgenza il pasticcio di Ita Airways, la mini-Alitalia che il governo Draghi ha tentato di vendere senza riuscirci. Il presidente esecutivo messo nel giugno 2021 da Draghi, Alfredo Altavilla, voleva venderla a Msc e Lufthansa. L’a.d. messo dal Pd, Fabio Lazzerini, preferiva cederla all’asse tra Delta e Air France-Klm, in nome delle quali aveva presentato un’offerta (da solo) il fondo americano Certares. Il Mef, via Pd, ha appoggiato l’opzione Lazzerini. Dopo due mesi di trattativa in esclusiva con Certares, scaduti il 31 ottobre, non se ne è fatto nulla.
Le dimissioni di sei consiglieri
In cda c’è stato uno scontro tra sei consiglieri nominati dal Mef (ai tempi del governo Conte-bis) che già il 29 marzo si sono dimessi ma non sono mai stati sostituiti e Altavilla, per la gestione personalistica. Il cda il 12 ottobre ha revocato tutte le deleghe ad Altavilla e le ha affidate a Lazzerini. Il Mef ha difeso la scelta del cda e nell’assemblea dell’8 novembre revocherà Altavilla anche dall’incarico di presidente. Ieri i consiglieri dimissionari, Lelio Fornabaio, Alessandra Fratini, Simonetta Giordani, Cristina Girelli, Silvio Martuccelli e Angelo Piazza, hanno scritto al neo ministro dell’Economia Giorgetti, facendo notare che, “non essendo stati sostituiti”, sono “rimasti in carica, proseguendo comunque con il massimo impegno nello sforzo di tutelare l’interesse della società e del socio”. Adesso però i sei vogliono differenziare la loro posizione da quella degli altri tre consiglieri, che sono Altavilla, Lazzerini e Frances Ouseley, che non ha deleghe ma non si è unita alle loro critiche. Scrivono a Giorgetti che “ritengono indispensabile ed urgente che il socio stesso proceda all’accoglimento delle proprie dimissioni, e alla sostituzione“.
Il rebus ricapitalizzazione
Il Mef accoglie le dimissioni, ma non è ancora stato scelto chi sarà il nuovo presidente. Un’ipotesi è che il cda venga ridotto a cinque oppure a tre, Altavilla, Lazzerini e Ouseley: in quel caso il presidente potrebbe essere Ouseley, a meno che con la revoca di Altavilla da presidente non si nomini un nuovo consigliere che faccia il presidente o addirittura non si azzeri tutto il cda. In ogni caso il cda di Ita scade con l’assemblea che approverà il bilancio 2022. Un bilancio in perdita, per ora la stima è sui 270 milioni e Ita ha urgente bisogno di una ricapitalizzazione, ha chiesto al Mef 400 milioni. Il Mef deve ancora rispondere.