di Gianni Dragoni (Il Sole 24 Ore)
Comincia il mese decisivo per le nomine delle grandi aziende di Stato quotate in Borsa. Le “sette sorelle” Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, Enav e Banca Mps. Sono le più ambite per il potere che conferiscono ai manager e per lo stipendio del capoazienda, quasi sempre a sei zeri. La destra guidata da Giorgia Meloni è pronta alla grande abbuffata, le discussioni riguarderanno semmai come spartirsi le poltrone tra Fratelli (e sorelle) d’Italia e gli alleati, la docilissima Lega di Matteo Salvini e i più recalcitranti esponenti di Forza Italia.
Descalzi intoccabile. Ma non si sa perché
Quasi tutti i vertici in scadenza verranno sostituiti. Gli a.d. sono stati nominati tutti per volontà o con il placet del Pd, un paio dai Cinque stelle. L’unico a salvarsi dovrebbe essere Claudio Descalzi (nella foto in apertura), a.d. dell’Eni da maggio 2014 (era d.g., fu promosso da Matteo Renzi, confermato da Paolo Gentiloni tre anni dopo e da Giuseppe Conte nel 2020), considerato intoccabile. Il perché non si sa. Insieme a Meloni il fisico milanese è andato in giro per paesi del NordAfrica guidati da dittatori, come aveva fatto con il precedente premier Mario Draghi e con l’ex ministro degli Esteri “Giggino” Di Maio, per procurarsi nuovi contratti di approvigionamento di gas per sostituire quello russo, nessuno però ha spiegato a quale prezzo. L’Eni può dirci quanto pagheremo questo gas? E senza Descalzi non ci sarebbe più gas per l’Italia?
Lady Eni. Marie Magdalena Ingoba
Il processo in Nigeria e gli affari in Congo
Descalzi è uscito indenne da un delicato processo per una maxi-corruzione in Nigeria, ma finito sotto indagine anche per potenziali conflitti d’interesse con la moglie congolese Marie Magdalena Ingoba per affari dell’Eni proprio nel paese della consorte, la Procura di Milano l’8 febbraio ha chiesto l’archiviazione. Se si escludono i risultati del bilancio 2022, drogati dall’esplosione del prezzo del gas e del petrolio per la guerra della Russia in Ucraina, non si può dire che la gestione Descalzi abbia dato grandi soddisfazioni agli azionisti dell’Eni, tra i quali ci sono molti fondi anglosassoni. Il controllo però è del ministero dell’Economia, che possiede il 4,34% direttamente e un ulteriore 25,76% attraverso la Cassa depositi e prestiti.
Il 10 maggio assemblee Eni ed Enel
L’assemblea dell’Eni per approvare il bilancio 2022 e nominare il nuovo cda che guiderà il gruppo degli idrocarburi per i prossimi tre anni è prevista dal calendario della società per il 10 maggio, in unica convocazione. A 68 anni (li compirà tra pochi giorni, il 27 febbraio), per il manager milanese si aprirebbero quindi le porte per un quarto mandato alla guida della più potente e più ricca società italiana (è tra le più generose a innaffiare di pubblicità giornali e televisioni). Lo stesso giorno è prevista l’assemblea dell’Enel, la società elettrica controllata dal Mef con il 23,59 per cento. Voci pressoché unanimi danno in uscita l’a.d. Francesco Starace, in sella come il coetaneo Descalzi dal 2014. Starace ha modificato il profilo dell’Enel, ha investito risorse importanti nelle energie rinnovabili e ha ottenuto buoni risultati industriali. Il gruppo sconta un elevato indebitamento che con il rialzo dei tassi ne ha molto indebolito la quotazione in Borsa. Il destino di Starace sembra segnato. Non piaceva al governo Draghi, per la gestione di alcuni interessi dell’Enel in Russia (dove il fratello è ambasciatore) che Starace ha cercato di proteggere anche dopo che, nel gennaio 2022, è scattato l’ordine di Palazzo Chigi di non tenere rapporti con Mosca, non piace alla destra-destra di Meloni e Fratelli (e sorelle) d’Italia. Per la presidenza dell’Enel la Lega spinge un grosso calibro, Paolo Scaroni, manager che fatto carriera nel pubblico con i governi Berlusconi, tre anni a.d. dell’Enel (2002-2005) e nove anni alla guida dell’Eni (2005-2014). Oggi Scaroni è presidente del Milan.
In ascesa. Stefano Donnarumma
In pole position Donnarumma
La verità è che la poltrona di via Margherita è molto ambita e oggi Starace politicamente non è abbastanza forte per essere confermato. Né sembra essersi agitato per avere la riconferma come fanno invece altri boiardi che si sentono come i tacchini quando si avvicina Natale. Per la poltronisssima dell’Enel sono in corsa in tre. Il favorito è Stefano Donnarumma, catapultato in primo piano grazie alla giunta dei Cinque stelle di Virginia Raggi, che il 3 maggio 2017 lo nominò a.d. della municipalizzata Acea. Nel maggio 2020 con il governo Conte sostenuto dal Pd per Donnarumma c’è stato il salto alla guida di Terna a scapito di Luigi Ferraris, il quale è stato compensato dal Mef l’anno successivo con la carica di a.d. delle Ferrovie dello Stato. Donnarumma, che può vantare risultati positivi, ha un grande merito agli occhi di Giorgia: è saltato sul carro della destra molto prima della vittoria elettorale, già a fine aprile 2022 ha partecipato alla conferenza programmatica di FdI a Milano insieme a Meloni.
Le aspirazioni di Armani jr.
In alternativa un altro candidato all’Enel potrebbe essere l’outsider Gianni Armani, dal 2021 a.d. della municipalizzata del Nord-Ovest Iren, ma in precedenza dirigente pubblico prima nel gruppo Terna, poi a.d. dell’Anas dal 2015 al 2018 (fu cacciato dall’a.d. Gianfranco Battisti, manager che aveva ottenuto risultati molto positivi, ma finito vittima del sistematico spoil sytems attuato nelle nomine da Draghi nel 2021). Armani è figlio di Pietro Armani, un boiardo che è stato per 22 anni nel cda dell’Iri, dal 1973 al 1995, per conto del Partito repubblicano ed è stato vicepresidente della holding industriale pubblica. Nel 1996 il prof. Armani fu eletto deputato con Alleanza nazionale, l’ex Msi che oggi è FdI, è stato deputato anche nella legislatura successiva fino al 2006.
Signor Ferilli. Flavio Cattaneo
Cattaneo tra Italo e Larussa
Il terzo nome che circola per la guida dell’Enel è un candidato di lusso, Flavio Cattaneo, vicepresidente esecutivo e socio di Italo. Il manager di Rho è atterrato nella città della Grande bellezza nel 2003, a 39 anni, scelto dal governo di Silvio Berlusconi come d.g. della Rai, amico di Ignazio La Russa e Paolo Berlusconi. Cattaneo, marito dell’attrice Sabrina Ferilli, è stato per nove anni a.d. di Terna (2005-2014), società nata da una costola dell’Enel. Il 31 marzo 2016 è stato nominato a.d. di Telecom Italia, dalla quale si è congedato il 21 luglio 2017 con una buonuscita di circa 25 milioni di euro (lordi): quasi due milioni per ogni mese al vertice del malandato gruppo telefonico, ancora senza pace. Ogni volta che è stato chiamato in causa Cattaneo ha negato di avere interesse ad altre cariche al di fuori di Italo, ma a questo giro, con Larussa presidente del Senato, potrebbe esserci una chiamata. Quanto a Italo, ci sono voci di una possibile vendita, si è parlato di un interesse dell’armatore Gianluigi Aponte, che un anno fa si era proposto anche per Ita insieme a Lufthansa.
Presidente del Senato. Ignazio Larussa
Le liste dei candidati entro il 15 aprile
La data del 10 maggio per le nomine nelle due società più importanti della galassia pubblica e forse d’Italia (considerando che l’ex gruppo Fiat, ora Stellantis, ha preso la cittadinanza olandese) è più vicina di quanto sembri. Per le società quotate il cda si nomina con il meccanismo maggioritario del voto di lista. Le liste devono essere pubblicate almeno 25 giorni prima della data dell’assemblea in prima convocazione o in unica convocazione. Pertanto per Eni ed Enel le liste del Mef, come quelle di minoranza di Assogestioni o altri soci se ci fossero, dovranno essere pubblicate al più tardi il 15 aprile.
… ma potrebbe esserci anticipo al 26 marzo
Nel calendario delle nomine delle Spa di Stato la prima assemblea è quella di Banca Mps, prevista il 20 aprile in unica convocazione. Per la banca di Siena le liste vanno pertanto pubblicate entro il 26 marzo. La presidente Patrizia Grieco (Pd) è in uscita, da vedere cosa deciderà il governo dell’a.d. Luigi Lovaglio. Se il Mef volesse pubblicare tutte le liste di candidati in contemporanea, come ha fatto il governo Conte nella primavera 2020, per non impazzire con la distribuzione dei posti con il manuale Cencelli, dovrebbe quindi anticipare a fine marzo anche le proposte per Eni, Enel e le altre società in scadenza.
Mps. La presidente Patrizia Grieco e l’ex a.d. Guido Bastianini
Simioni via dall’Enav
La seconda assemblea sul calendario è quella di Enav, prevista il 28 aprile. In questo caso il termine per la pubblicazione della candidature scade il 3 aprile. La società dei controllori di volo è guidata da un a.d. voluto dal M5S, Paolo Simioni, in precedenza all’Atac voluto dalla giunta Raggi. La poltrona è considerata disponibile dalla destra che ha in mente un ricambio.
Le altre assemblee sono previste l‘8 maggio Poste Italiane, tra l’8 e il 15 maggio Terna, per la quale la data precisa verrà fissata quando il governo avrà deciso se spostare Donnarumma all’Enel. In tal caso l’assemblea si svolgerebbe subito dopo quella della società elettrica per non lasciare buchi, infine Leonardo “tra il 2 e il 10 maggio” dice il calendario della società.
Giubileo. L’a.d. di Poste, Matteo Del Fante
Per Poste e Terna potrebbe esserci un outsider
Per Poste, malgrado il sostegno della stampa (alla quale la pubblicità fluisce copiosa), l’a.d. Matteo Del Fante, prima renziano (nel 2014 Matteo lo nominò al vertice di Terna) e poi nelle grazie del M5S, dovrebbe essere sostituito dopo due mandati. E’ già stato nominato dal governo Draghi presidente della società Giubileo 2025, quindi ha un paracadute. Alla poltrona di numero uno di Poste punta il condirettore generale Giuseppe Lasco, ex sottufficiale della Guardia di finanza. Lasco potrebbe aspirare anche ad altre poltrone, da Terna all’Enav. Per Terna potrebbe esserci anche Armani jr., se non gli riuscisse l’impresa di scalare l’Enel. Ma per Poste e Terna potrebbe entrare nel mazzo dei candidati anche un outsider di peso, un manager dal solido Cv esperto anche di reti, il nome è riservatissimo.
Ex banchiere. Alessandro Profumo
Leonardo, Crosetto spinge Mariani
Si cambia guida a Leonardo, società che da nove anni non ha un a.d. proveniente dal settore dell’aerospazio e difesa. Prima c’è stato il “ferroviere” Mauro Moretti, voluto da Renzi nel 2014, poi il banchiere targato Pd Alessandro Profumo, chiamato da Gentiloni nel 2017 dopo che Moretti aveva incassato una condanna in primo grado per la strage ferroviaria di Viareggio. Profumo è stato confermato da Conte nel 2020, con il sostegno del Pd e di “Giggino” Di Maio, attentissimo a Leonardo anche perché è casa sua lo stabilimento di Pomigliano (forse il peggiore del gruppo per produttività e quello con il più alto tasso di assenteismo). Un compagno di liceo classico di Di Maio a Pomigliano, Carmine America, nel 2020 è stato nominato nel cda dell’ex Finmeccanica. Profumo, che il 15 ottobre 2020 ha subìto una condanna a sei anni di reclusione per aggiotaggio e false comunicazioni sociali come ex presidente di banca Mps, per la contabilizzazione di derivati come Btp nei bilanci della banca (condanna impugnata, il processo d’appello comincerà a fine marzo), verrà sostituito da un manager gradito alla destra. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto, anche pubblicamente, che il candidato adatto a guidare il rilancio di Leonardo è Lorenzo Mariani, già direttore commerciale del gruppo, dirottato da Profumo che ne temeva la concorrenza alla guida di Mbda Italia (missili) nel settembre 2020. Con Mariani, che è anche direttore commerciale di tutto il gruppo internazionale Mbda (sono soci anche Airbus e Bae Systems, Leonardo ha il 25%), Mbda ha migliorato in maniera sensibile i risultati, sono cresciuti i ricavi, gli ordini e l’occupazione già prima che la guerra Russia-Ucraina facesse brillare gli affari (tristi) delle aziende di armi.
Tra Cutillo e Cingolani
Come per tutti i candidati annunciati da tempo, anche per Mariani potrebbe pararsi qualche imprevisto. Si segnalano anche movimenti di Gian Piero Cutillo, capo della divisione elicotteri che è basata in Lombardia, potrebbe avere l’appoggio della Lega e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (il fratello è un dirigente di Leonardo elicotteri). Forse l’incertezza principale riguarda il ruolo che Giorgia vorrà assegnare a Roberto Cingolani, il fisico ex direttore dell’Iit di Genova che nel 2019 Profumo ha assunto come capo delle tecnologie in Leonardo, una mossa secondo alcuni osservatori fatta per compiacere i Cinque stelle. Cingolani è stato ministro della Transizione ecologica con Draghi ed è rimasto nel giro del governo come consulente “a titolo gratuito” di Meloni per l’energia, pur essendo rientrato in Leonardo che gli paga lo stipendio, quatto o cinque volte più alto di quello di ministro. Per Cingolani potrebbe esserci anche una poltrona nell’energia, non necessariamente a Roma ma anche nelle grandi municipalizzate, per esempio all’Iren se Armani dovesse essere spostato in una poltrona romana. Per Cingolani si parla anche di una possibile opportunità nella multinazionale giapponese Hitachi.
Ministro dell’Economia. Giancarlo Giorgetti
L’elenco delle oltre 500 poltrone
Oltre alle poltrone nelle “sette sorelle” quotate ci sono altri cda in scadenza, soprattutto nella partecipate indirette del Mef. La lista completa pubblicata sul sito del Mef, comprende più di 60 società e almeno 500 poltrone. Per vedere la lista clicca qui Nomine ecco tutti i cda in scadenza.
Non si toccano Cdp e Fs
Non verranno toccati cda che non scadono quest’anno. Una fonte autorevole ci ha riferito che l’indicazione di Meloni ai suoi, che scalpitano per azzerare i vertici di tutte le società “ereditati” dai governi a guida Pd e M5S, è che verranno rinnovati solo i cda giunti alla scadenza del mandato triennale previsto dal codice civile. Pertanto non dovrebbero esserci interventi di forza su Cdp e Fs, che scadono con le assemblee che si svolgeranno nel 2024. Dario Scannapieco e Luigi Ferraris quindi resteranno ancora un anno. Con questo metro non dovrebbe essere toccato neppure il vertice Rai, che tuttavia rappresenta una situazione specifica, più calda per la politica e il controllo dell’informazione.
Ferrovie. Luigi Ferraris
Scadono Rfi e Trenitalia
Nel gruppo Fs la politica però avrà voce nella scelta dei vertici delle due società operative più importanti, Rfi e Trenitalia, perché i due cda scadono in questa primavera. Per Rfi, che guida il polo infrastrutturale e gestirà larga parte dei fondi del Pnrr che vanno alle Fs, ci sono già alcuni candidati interni a prendere il posto di Vera Fiorani, raro caso di donna a.d. di una grande azienda. Un candidato è Umberto Lebruto, a.d. di Fs Sistemi Urbani. Lebruto però è tra gli imputati rinviati a giudizio nel processo, cominciato poco più di un anno fa, per l’incidente ferroviario del Pioltello del 25 gennaio 2018 (tre morti e un centinaio di feriti), questo potrebbe ostacolarne la nomina. Un altro pretendente è il barese Gianpiero Strisciuglio, nominato da Ferraris lo scorso maggio a.d. di Mercitalia Logistics, il polo merci. Strisciuglio è legato al Pd pugliese, Vincenzo Boccia e Michele Emiliano. Il nuovo governo di destra non lo aiuta. Se queste candidature saltassero Fiorani potrebbe essere confermata.
Allo stadio. Mauro Moretti con Massimo D’Alema
I candidati di Moretti
In Trenitalia l’a.d. Luigi Corradi, arrivato nel 2020 su segnalazione del M5S dall’allora sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro, è considerato in uscita. Per la successione sono al vaglio alcune ipotesi. Tenta di riciclarsi con la destra Sabrina De Filippis, capo del trasporto regionale, che già tre anni fa era stata proposta dal M5S. Nella lista finale i Cinque stelle, per inesperienza, l’avevano però indicata come semplice consigliere e non come a.d., così De Filippis ha dovuto rinunciare perché altrimenti avrebbe dovuto dimettersi da dipendente, perdendo lo stipendio, per un posto senza deleghe in cda. Una figuraccia. La spuntò come a.d. Corradi, con l’ex deputato Pd Michele Pompeo Meta presidente. Adesso De Filippis ci riprova. Secondo una fonte autorevole questi tre candidati sarebbero sostenuti dall’ex a.d. di Fs Moretti, il quale non ha mai smesso di interessarsi attivamente di quello che succede nelle Ferrovie. Moretti li avrebbe riuniti tutti e tre, Lebruto, Strisciuglio e De Filippis, in un ristorante romano la scorsa settimana per stimolarli nella corsa per le nomine.