Eni, Enel, Snam, Finmeccanica: i superstipendi dei boiardi di Stato

Enel ha superato Eni al primo posto tra le società italiane con il maggior valore di Borsa, ma il gruppo petrolifero rimane in testa per stipendi dei vertici.

Claudio Descalzi, amministratore delegato e direttore generale dell’Eni, nel 2016 ha ricevuto uno stipendio complessivo di 3,783 milioni di euro, al lordo delle tasse e contributi. Questa somma comprende un bonus di 1,755 milioni e un ulteriore premio di 659mila euro, è l’incentivo monetario differito che gli era stato attribuito nel 2013, quando era direttore generale del settore E&P (esplorazione e produzione di idrocarburi, in sostanza la ricerca mineraria e l’estrazione di petrolio e gas).

Descalzi ha guadagnato più di Francesco Starace, a.d. e d.g. dell’Enel, il gruppo che da due giorni ha conquistato il primo posto per capitalizzazione di Borsa. Il sorpasso è avvenuto per il rialzo dei titoli della società elettrica (+18,5% dall’inizio dell’anno, a 4,98 euro il 21 giugno) e al parallelo declino delle azioni Eni (-11,7%, a 13,7 euro il 21 giugno), penalizzate dal ribasso del prezzo del petrolio. Nel 2016 Starace ha guadagnato complessivamente 2,936 milioni lordi, incluso un bonus di 1,653 milioni.

Un’inchiesta “pay watch”condotta da Poteri Deboli analizzando le relazioni sulla remunerazione pubblicate dalle società quotate in Borsa, evidenzia che Descalzi e Starace sono i manager più pagati nella galassia delle società quotate controllate dallo Stato.

I boiardi di Stato

E’ la categoria che un tempo veniva definita dei “boiardi di Stato”, un termine che da molti è stato accantonato forse troppo frettolosamente, dietro pretese di modernità. Non sono i dirigenti più pagati in assoluto, anzi con questo stipendio Descalzi non entra fra i primo 20 manager più pagati di Piazza Affari.

Quanto detto vale per lo stipendio o le altre competenze correnti percepiti nell’anno, più i bonus, la quota variabile della busta paga dei manager ed eventuali premi in azioni (che in questo caso non ci sono). Se si considera anche la buonuscita, Descalzi viene battuto da un altro manager, poco conosciuto dal pubblico.

Si tratta di Carlo Malacarne, nato a Pavia nel maggio 1953. Il manager è stato fino al 26 aprile 2016 amministratore delegato della Snam, la società che gestisce il trasporto del metano. Un tempo era controllata dall’Eni, sotto il governo Monti la quota di controllo è stato trasferito a un’altra società pubblica, la Cassa depositi e prestiti (Cdp). Malacarne alla scadenza dell’incarico ha ricevuto una buonuscita di 6,16 milioni lordi, che sommata allo stipendio “normale” (in realtà non parliamo di cifre normali) del 2016, pari a 2,92 milioni, gli ha fatto guadagnare in totale 9,082 milioni lordi. Nella busta paga di Malacarne c’è anche un bonus di 1,75 milioni, già compreso in questa somma.

Il bello (per Malacarne) è che, dopo aver incassato la buonuscita, il manager non è affatto uscito dalla ricca società del metano. E’ rimasto alla Snam, non più come amministratore delegato, ma come presidente, tuttora in carica.

Buonuscita. Carlo Malacarne, presidente della Snam

Il fiorentino

Al quarto posto tra le buste paga dei supermanager pubblici c’è Matteo Del Fante, che ha compiuto 50 anni il 27 maggio scorso. Del Fante l’anno scorso era alla guida di Terna, la società che controlla le grandi reti di trasporto dell’elettricità. Ha guadagnato in totale 2,835 milioni lordi, incluso un bonus di 1,55 milioni.

Nella campagna nomine dei mesi scorsi il governo di Paolo Gentiloni ha promosso Del Fante alla guida di Poste Italiane, il gruppo con il maggior numero di dipendenti tra le società italiane, insieme alle Ferrovie dello Stato.

Con un passato alla Cdp, di cui è stato direttore finanziario e poi direttore generale, Del Fante è considerato uno dei manager pubblici più in ascesa. Chi ha lavorato con lui assicura che è dotato di brillanti qualità. E’ nato a Firenze e questo, nei tempi del Giglio Magico imperante, non gli nuoce, anche se va riconosciuto che la sua carriera nella Cdp era cominciata prima dell’ascesa di Matteo Renzi.

 

 

Fiorentino. Matteo Del Fante, promosso da Terna alla guida di Poste Italiane

Alle Poste Del Fante ha preso il posto di Francesco Caio, l’ex “Digital Champion” scelto dal premier Enrico Letta e poi nominato da Renzi a.d. di Poste nella primavera del 2014. Dopo soli tre anni di mandato, e dopo aver realizzato una non facile quotazione in Borsa di Poste (anche se le azioni da mesi sono sotto il prezzo di collocamento dell’ottobre 2015, pari a 6,75 euro), Caio è stato sbalzato di sella. L’anno scorso Caio ha incassato una busta paga di 1,455 milioni lordi, di 350.655 euro di bonus.

Con questa somma Caio è in sesta posizione tra i manager di Stato. E’ preceduto da Mauro Moretti, che alla guida dell’ex Finmeccanica, da lui ribattezzata Leonardo, ha guadagnato 1,617 milioni lordi, di cui 604mila come bonus. Moretti puntava alla riconferma ma la condanna (non definitiva) a sette anni di reclusione pronunciata dal tribunale di Lucca il 31 gennaio, per la strage causata nell’incidente ferroviario di Viareggio, avvenuto quando Moretti era alla guida di Fs, gli ha sbarrato definitivamente la strada.

Moretti però ha ottenuto dall’ex Finmeccanica una buonuscita totale di 9,44 milioni lordi, secondo quanto è stato comunicato dalla società: con questa somma scalerà parecchie posizioni nella classifica degli stipendi del 2017.

Dietro Moretti c’è un altro manager dell’industria militare e navale, Giuseppe Bono, a.d. di Fincantieri (da 15 anni) ed ex a.d. di Finmeccanica: nel 2016 Bono ha ricevuto 1,3 milioni di euro lordi, di cui 437.750 di bonus.

All’ottavo posto viene quindi Stefano Cao, a.d. di Saipem, con un milione e 50mila euro lordi (non ha bonus).

Nono è Marco Alverà, già pupillo di Paolo Scaroni all’Enel e all’Eni, figlio del commercialista Alvise Alverà, grande amico di Scaroni. E’ il più giovane della compagnia, è nato a New York nell’agosto 1975. Alverà è stato promosso alla guida della Snam dopo il passaggio di Malacarne alla presidenza. Alverà l’anno scorso ha guadagnato un milione e 3.729 euro lordi, incluso un bonus di entrata (una voce con cui i manager si danno un premio per il disturbo di accettare l’incarico) di 165.000 euro.

Le donne

Al decimo posto c’è Roberta Neri, curriculum da direttore finanziario, amministratore delegato dell’Enav. La sua busta paga è di 912.517 euro lordi nel 2016, di cui 471.500 di bonus. Neri ha percepito anche 30.000 euro di gettone per la presenza nel consiglio di amministrazione (senza deleghe) di Acea, la municipalizzata romana per elettricità e acqua. Neri è considerata vicina al costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone, che è importante azionista di minoranza di Acea, e ha anche buoni rapporti con il Giglio magico, conosce infatti Maria Elena Boschi, ex ministro, ora sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Tetto ai compensi. Emma Marcegaglia, presidente Eni

Neri è l’unica donna nella classifica dei superstipendi. Ci sono poche donne nelle cariche di vertice dei gruppi pubblici (e anche privati). Nelle società controllate dal ministero dell’Economia quotate ci sono donne alla presidenza di Eni, Enel, Terna e Poste.

Emma Marcegaglia, l’imprenditrice della siderurgia presidente dell’Eni voluta nel 2014 da Renzi e confermata in questa tornata da Gentiloni, percepisce un compenso annuo di 238mila euro lordi, in base al tetto stabilito da Renzi, che non vale però, come abbiamo visto, per gli amministratori delegati e gli altri dirigenti.

La stessa busta paga di 238mila euro è stata riconosciuta l’anno scorso a Patrizia Grieco, presidente Enel, Catia Bastioli (Terna), Luisa Todini (Poste) e al presidente di Leonardo-Finmeccanica, Gianni De Gennaro.

I dirigenti strategici: poca trasparenza sui compensi

Le norme sulle società quotate obbligano a pubblicare gli stipendi individuali, con nomi e cognomi, solo dei componenti il consiglio di amministrazione, dei direttori generali e vice, del collegio sindacale, ma non delle prime linee di dirigenti, detti dirigenti “con responsabilità strategiche”. Anche queste figure incassano stipendi elevati, in proporzione a quelli dei loro capi, in genere superiori a quelli dei semplici consiglieri di amministrazione privi di deleghe e dei presidenti. Eppure per questa categoria gli stipendi vengono pubblicati solo nell’aggregato, il totale della categoria, ma senza i nomi.

Andando a leggere le relazioni sulla remunerazione si scopre che, anche qui, i più pagati sono all’Eni e all’Enel. All’Eni nel 2016 ci sono state 23 “posizioni” di dirigenti strategici, hanno ricevuto compensi monetari totali pari a 23,75 milioni, inclusi 4,6 milioni per le buonuscite. Facendo una media questo corrisponde a 1,032 milioni lordi a testa, ma ci possono essere differenze di centinaia di migliaia di euro da uno all’altro.

All’Enel nel 2016 c’erano 11 “posizioni” di dirigenti strategici, nel complesso nel gruppo hanno guadagnato 14,79 milioni lordi, pari in media a 1,34 milioni lordi a testa. Alle Poste c’erano 20 “risorse” strategiche nel 2016, che hanno beneficiato di 9,763 milioni di compensi (compresi bonus) più buonuscite per 3,21 milioni per i licenziamenti decisi da Caio: in totale 12,978 milioni lordi che, in media per ognuno dei 20 dirigenti postali, corrispondono a 648.922 euro lordi. A fine 2016 erano ridotti a 16 i dirigenti strategici di Poste.

I documenti pubblicati non ci dicono però chi siano questi paperoni. Qualche anno fa la Consob tentò di imporre la pubblicazione deg i stipendi anche dei dirigenti strategici, ma il documento messo in consultazione con gli operatori e il “mercato” suscitò numerose opposizioni, tra quella molto infleunte dell’Assonime. E il proposito rientrò. Sarebbe un atto di maggior trasparenza se il Parlamento e la Consob rendessero obbligatorie anche queste informazioni, con nomi e cognomi, viste le cifre in gioco.